5 Ottobre 2012

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Surfare sempre la stessa onda? Sogno? Parliamone

di: Redazione Kitesurfing

Mi hanno sorpreso alcune delle parole del mitico Mark Shinn in uno dei suoi innumerevoli articoli(kiteworld magazine #56); ultimamente i suoi pensieri vanno totalmente ad onde e wave riding; il freestyle continua a fare progressi sorprendenti sia in termini di mole di praticanti che dal punto di vista tecnico: session dopo session si vedono spuntar fuori nuovi mobes e anche manovre errate che ispirano nuove figure sempre più radicali.

D’altro canto è finalmente esploso il wave riding col kite negli ultimi due anni e questo è un gran bene per l’upgrade continuo di questo sport, che estende sempre di più i suoi confini – ed ancora non è finita, “non ancora (“il gladiatore”,cit.)”.

Non so quanti di voi hanno visto sul web il video di Keahi de Aboitiz che fa kite nella Wadi wave pool; è un esempio di quanto si ancora si può andare lontano con un po’ di fantasia e tanto tanto impegno/passione.

Ciò che contraddistingue il nostro sport è la difficoltà nel trovare le condizioni perfette e la rarità delle stesse (consideriamo l’insieme di direzione del vento, nodi , condizioni di mare, insomma trovare il giusto connubio non è facile).

A questo si aggiungano vincoli di tempo quali famiglia e lavoro. Pretendere di allenarsi nelle condizioni perfette , o di progredire solo in queste è la strada più facile per arrivare all’abbandono dello sport per frustrazione da penuria di risultati; il consiglio che do – e che è poi la mia filosofia di pratica sia del normale training fisico che del kiteboarding- è di allenarsi in ogni condizione (purché abbastanza umana, non rischiamo stupidi infortuni, sono i peggiori nemici della nostra kite evolution), provare e provare senza attendere la giusta raffica, la giusta onda, la direzione che più ci aggrada.

Insomma, quando e per quanto tempo potranno coincidere tutte queste variabili?

E vuoi che non capiti il compleanno di qualche parente, figlio o anniversario proprio in quell’occasione?


 Mi permetto di rubare un paragone molto efficace al nostro mitico Mark Shinn: consideriamo lo skateboarding; le rampe non cambiano mai, ci si può allenare sulla stessa, prendere dei punti fissi, perfezionare il nostro trick provando e riprovando. Perfezionare e far progredire una manovra nel wave riding allo stato attuale, richiede tempi molto più lunghi in quanto un’onda non sarà mai uguale ad un’altra, le condizioni di attrito, turbolenze sotto la tavola saranno sempre differenti e trovare dei punti cardine sarà molto molto complicato; se poi a questo aggiungiamo le raffiche o buchi di vento… forse è questo che rende così affascinante questo sport, non credete?

E dentro sentiamo quella malattia, sofferenza o anche voglia di ricercare quella sensazione, quei 7-8 secondi di adrenalina che ti si scolpiscono nella mente e ti fanno stare bene dopo la session e male quando attendi la successiva (che può arrivare anche dopo settimane, vero? ). Cosa si può fare per rendere il nostro allenamento kite waveriding più simile allo skateboarding?

Dal video di Keahi sul web viene l’idea giusta: una piscina con le onde congegnata per fare del waveriding e provarci le nostre amate manovre (e odiate quando non riescono) sempre sulla stessa onda e con lo stesso periodo. Insomma sarebbe un sistema efficace per la progression di questa branca del kiteboarding.

Basterebbe studiare la location giusta e ventosa, installare una piscina delle giuste dimensioni e – perché no? – stendere anche della sabbia attorno creandoci il nostro spot artificiale; aggiungiamo un bar fornito, un po’ di spogliatoi a riparo dal vento e un po’ di musica.

Non sarebbe male. Preventivo? Insomma almeno un paio di milioni di euro ci vogliono, ammesso che ci diano mai le concessioni del caso. Intanto è bello sognare.


Arrivederci a tutti, in acqua e col vento   

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D’altro canto è finalmente esploso il wave riding col kite negli ultimi due anni e questo è un gran bene per l’upgrade continuo di questo sport, che estende sempre di più i suoi confini – ed ancora non è finita, “non ancora (“il gladiatore”,cit.)”.

Non so quanti di voi hanno visto sul web il video di Keahi de Aboitiz che fa kite nella Wadi wave pool; è un esempio di quanto si ancora si può andare lontano con un po’ di fantasia e tanto tanto impegno/passione.

Ciò che contraddistingue il nostro sport è la difficoltà nel trovare le condizioni perfette e la rarità delle stesse (consideriamo l’insieme di direzione del vento, nodi , condizioni di mare, insomma trovare il giusto connubio non è facile).

A questo si aggiungano vincoli di tempo quali famiglia e lavoro. Pretendere di allenarsi nelle condizioni perfette , o di progredire solo in queste è la strada più facile per arrivare all’abbandono dello sport per frustrazione da penuria di risultati; il consiglio che do – e che è poi la mia filosofia di pratica sia del normale training fisico che del kiteboarding- è di allenarsi in ogni condizione (purché abbastanza umana, non rischiamo stupidi infortuni, sono i peggiori nemici della nostra kite evolution), provare e provare senza attendere la giusta raffica, la giusta onda, la direzione che più ci aggrada.

Insomma, quando e per quanto tempo potranno coincidere tutte queste variabili?

E vuoi che non capiti il compleanno di qualche parente, figlio o anniversario proprio in quell’occasione?


 Mi permetto di rubare un paragone molto efficace al nostro mitico Mark Shinn: consideriamo lo skateboarding; le rampe non cambiano mai, ci si può allenare sulla stessa, prendere dei punti fissi, perfezionare il nostro trick provando e riprovando. Perfezionare e far progredire una manovra nel wave riding allo stato attuale, richiede tempi molto più lunghi in quanto un’onda non sarà mai uguale ad un’altra, le condizioni di attrito, turbolenze sotto la tavola saranno sempre differenti e trovare dei punti cardine sarà molto molto complicato; se poi a questo aggiungiamo le raffiche o buchi di vento… forse è questo che rende così affascinante questo sport, non credete?

E dentro sentiamo quella malattia, sofferenza o anche voglia di ricercare quella sensazione, quei 7-8 secondi di adrenalina che ti si scolpiscono nella mente e ti fanno stare bene dopo la session e male quando attendi la successiva (che può arrivare anche dopo settimane, vero? ). Cosa si può fare per rendere il nostro allenamento kite waveriding più simile allo skateboarding?

Dal video di Keahi sul web viene l’idea giusta: una piscina con le onde congegnata per fare del waveriding e provarci le nostre amate manovre (e odiate quando non riescono) sempre sulla stessa onda e con lo stesso periodo. Insomma sarebbe un sistema efficace per la progression di questa branca del kiteboarding.

Basterebbe studiare la location giusta e ventosa, installare una piscina delle giuste dimensioni e – perché no? – stendere anche della sabbia attorno creandoci il nostro spot artificiale; aggiungiamo un bar fornito, un po’ di spogliatoi a riparo dal vento e un po’ di musica.

Non sarebbe male. Preventivo? Insomma almeno un paio di milioni di euro ci vogliono, ammesso che ci diano mai le concessioni del caso. Intanto è bello sognare.


Arrivederci a tutti, in acqua e col vento   

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