16 Dicembre 2010

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Jonny Groove il successo grazie al kitesurf

di: Redazione Kitesurfing

Sarà che da quando Jonny Groove ha debuttato a Zelig – trasformandosi nel discotecaro più famoso d’Italia, al grido di «Essiamonoi» o «Ti stimo, fratello» – sono passati due anni, durante i quali è diventato un idolo (quasi un milione e mezzo di fan su Facebook: Roberto Benigni, per dire, ne ha un milione e duecento; Claudio Bisio, pochi più di 400mila), ma soprattutto papà della splendida Matilda, eppure Giovanni Vernia si era quasi stancato del suo alter ego. Voleva mollarlo, finché non si è reso conto che Jonny, semmai, aveva stufato solo lui e la gente continuava ad esserne pazza: da qui l’idea di lavorare sulla sua maschera e dare vita a un nuovo show in cui il tamarro bonaccione mostra un inedito lato di sé, ma soprattutto Vernia diventa il vero padrone del palco. Il risultato è Essiamonoi Revolution, che debutterà in anteprima nazionale il 31 di dicembre al teatro Creberg (con tanto di dj-set after show e console contesa tra il comico genovese e dj Mattias, direttamente dal Papeete di Milano Marittima).
HAPPY GROOVE YEAR – Dopo Albanese e il Mago Forest, a Giovanni Vernia l’onere e l’onore di dare l’addio al 2010 e accogliere il 2011 davanti al pubblico orobico, in una serata insolita: Happy Groove Year, infatti, si compone di due tranche. La prima, dalle 22 a mezzanotte e mezza, è quella del vero show; la seconda, da mezzanotte e mezza in poi («Finché c’è gente, io resto – precisa il mattatore della serata -. Che siano le 4 o le 5 di mattina, non importa! Io non mi schiodo dal foyer del Creberg») vedrà il teatro trasformarsi in una discoteca, con tanto di area bar, cubiste e musica house.
 «ESSIAMONOI REVOLUTION» – Entriamo nel vivo della parte teatrale, con alcune anticipazioni direttamente dal protagonista. «Il pubblico di Bergamo vedrà in anteprima il nuovo Jonny: è diventato famoso, la gente lo riconosce per strada, e lui si è un po’ montato la testa. Si sente un vip e si veste da tale, preservando tutta la sua truzzaggine. Niente camicie aperte e crocifissi: a quei livelli non arriva manco lui, ma ha deciso di accantonare i pantaloni muccati e fare lo chic. Ha persino un corpo di ballo: le “Groovine” – bellissime, una somiglia a Pocahontas – e i “Jonny boys”, tipi superfisicati; nella seconda parte dello show faranno i cubisti. Ha anche due mascotte con le sue fattezze, che salgono sul palco e fanno ridere un sacco. E, poi, c’è lo zio: grazie a lui – direttamente dagli anni Settanta – scopriremo quale anello si è inceppato, nell’evoluzione della specie, per generare Jonny». Ma cosa è cambiato, in Essiamonoi Revolution, rispetto alla versione precedente? «Nel vecchio show – Essiamonoi – c’era un 35% di me e un 65% di Groove: ora, invece, di lui resta solo un 20% (parla con percentuali ben ponderate, ma del resto il nostro è laureato con 110 in Ingegneria elettronica, ndr). Di cosa parlerò? Be’, in apertura mi soffermerò sulla storia di Bergamo, che si divide in due fasi: prima dei Pooh e dopo i Pooh. Mi sono divertito a immaginare i componenti della band come dei muratori bergamaschi: dei grandi stakanovisti, felici di aver spedito a Roma l’unico che lavorava poco, D’Orazio. A seguire analizzo i testi delle loro canzoni e le ragioni del loro successo: una fenomenologia dei Pooh, insomma. Ci sarà anche una parentesi sull’aeroporto di Orio al Serio, perché c’è una cosa che nessuno sa: il volo di Lost, è partito da lì! Tant’è che uno dei protagonisti è bergamasco. Racconterò persino la mia esperienza a Sanremo, dove il pubblico è diviso in galleria, platea e naftalina. Mi sono esibito dopo Bob Sinclar: per un attimo ho pensato di darmela a gambe. La mia fortuna? La critica non mi ha massacrato, nel senso che proprio non mi ha calcolato».
È palpabile l’entusiasmo di Vernia nei confronti di questo show («Dura più di due ore perché non amo le cose stringate: e, oltre al corpo di ballo, mi sono regalato uno schermo di 5 metri per 3»), nonostante all’inizio non se la sentisse di accettare l’offerta di Officine Smeraldo per San Silvestro. «Al Creberg ero stato a febbraio, era andata bene, ma mi chiedevo se fossi capace di realizzare un nuovo recital dopo così poco. Con i miei autori ho iniziato a sperimentare delle nuove cose, che proponevo come bis nei live estivi. Piacevano, il materiale aumentava, e ho capito che potevo legare il tutto con un filo, affinché diventasse l’ossatura di un nuovo spettacolo».
 IN DISCOTECA AL CREBERG – Torniamo al dopo serata: «Sul flyer ho fatto scrivere: “È gradito l’abbigliamento con cui ti diverti di più”. Niente selezione: non mi piace. Possono entrare tutti. Dj Mattias è uno bravo: me lo aveva consigliato tempo fa Fargetta. È un ragazzino di 26 anni, eppure ha già uno studio in cui produce musica dance. Vado fiero della ricerca musicale fatta: lui suonerà brani contemporanei, io musica anni Settanta e Ottanta, con qualche pezzo in stile Vamos a la playa. C’è anche un bellissimo remix con brani di di Lady Gaga».
 AMARCORD – Ma come è nato Jonny? Per chi non lo sapesse, ecco l’aneddoto. «Ero a Milano da qualche anno e, d’improvviso, mi sono ritrovato senza lavoro e senza fidanzata. Allora ho ripiegato su due cose che da sempre sognavo: un corso di kitesurf, conclusosi quando ho sfasciato l’attrezzatura su uno scoglio di Genova, e quello di teatro. 

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HAPPY GROOVE YEAR – Dopo Albanese e il Mago Forest, a Giovanni Vernia l’onere e l’onore di dare l’addio al 2010 e accogliere il 2011 davanti al pubblico orobico, in una serata insolita: Happy Groove Year, infatti, si compone di due tranche. La prima, dalle 22 a mezzanotte e mezza, è quella del vero show; la seconda, da mezzanotte e mezza in poi («Finché c’è gente, io resto – precisa il mattatore della serata -. Che siano le 4 o le 5 di mattina, non importa! Io non mi schiodo dal foyer del Creberg») vedrà il teatro trasformarsi in una discoteca, con tanto di area bar, cubiste e musica house.
 «ESSIAMONOI REVOLUTION» – Entriamo nel vivo della parte teatrale, con alcune anticipazioni direttamente dal protagonista. «Il pubblico di Bergamo vedrà in anteprima il nuovo Jonny: è diventato famoso, la gente lo riconosce per strada, e lui si è un po’ montato la testa. Si sente un vip e si veste da tale, preservando tutta la sua truzzaggine. Niente camicie aperte e crocifissi: a quei livelli non arriva manco lui, ma ha deciso di accantonare i pantaloni muccati e fare lo chic. Ha persino un corpo di ballo: le “Groovine” – bellissime, una somiglia a Pocahontas – e i “Jonny boys”, tipi superfisicati; nella seconda parte dello show faranno i cubisti. Ha anche due mascotte con le sue fattezze, che salgono sul palco e fanno ridere un sacco. E, poi, c’è lo zio: grazie a lui – direttamente dagli anni Settanta – scopriremo quale anello si è inceppato, nell’evoluzione della specie, per generare Jonny». Ma cosa è cambiato, in Essiamonoi Revolution, rispetto alla versione precedente? «Nel vecchio show – Essiamonoi – c’era un 35% di me e un 65% di Groove: ora, invece, di lui resta solo un 20% (parla con percentuali ben ponderate, ma del resto il nostro è laureato con 110 in Ingegneria elettronica, ndr). Di cosa parlerò? Be’, in apertura mi soffermerò sulla storia di Bergamo, che si divide in due fasi: prima dei Pooh e dopo i Pooh. Mi sono divertito a immaginare i componenti della band come dei muratori bergamaschi: dei grandi stakanovisti, felici di aver spedito a Roma l’unico che lavorava poco, D’Orazio. A seguire analizzo i testi delle loro canzoni e le ragioni del loro successo: una fenomenologia dei Pooh, insomma. Ci sarà anche una parentesi sull’aeroporto di Orio al Serio, perché c’è una cosa che nessuno sa: il volo di Lost, è partito da lì! Tant’è che uno dei protagonisti è bergamasco. Racconterò persino la mia esperienza a Sanremo, dove il pubblico è diviso in galleria, platea e naftalina. Mi sono esibito dopo Bob Sinclar: per un attimo ho pensato di darmela a gambe. La mia fortuna? La critica non mi ha massacrato, nel senso che proprio non mi ha calcolato».
È palpabile l’entusiasmo di Vernia nei confronti di questo show («Dura più di due ore perché non amo le cose stringate: e, oltre al corpo di ballo, mi sono regalato uno schermo di 5 metri per 3»), nonostante all’inizio non se la sentisse di accettare l’offerta di Officine Smeraldo per San Silvestro. «Al Creberg ero stato a febbraio, era andata bene, ma mi chiedevo se fossi capace di realizzare un nuovo recital dopo così poco. Con i miei autori ho iniziato a sperimentare delle nuove cose, che proponevo come bis nei live estivi. Piacevano, il materiale aumentava, e ho capito che potevo legare il tutto con un filo, affinché diventasse l’ossatura di un nuovo spettacolo».
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