Dove fare kitesurf sul Lago di Garda: 7…
Il kitesurf sul Lago di Garda è un mix esplosivo di vento costante, paesaggi alpini e centri specializzati. S
23 Aprile 2025
15 Novembre 2015
Un anno un po’ sfortunato, ma pieno di carica
Andrea Ragazzoni, classe 1992, romano, è uno dei protagonisti del freestyle italiano. In acqua si distingue per il suo fisico imponente e per lo stile potente che rende spettacolari le manovre più radicali. Con lui abbiamo abbiamo parlato di gare, progetti, della sua visione dello sport e tanto altro.
– Andrea, com’è andato il tuo 2015 sportivo?
«Direi non benissimo, speravo di fare qualche risultato migliore al Campionato Italiano a Porto Botte, ma sono stato molto sfortunato per una serie di eventi: in prima heat è calato improvvisamente il vento da 20 e passa nodi a meno di 14. Non avevo un kite di una misura più grande e mi sono dovuto adattare. Nella heat successiva, mi sono scontrato con uno dei migliori rider italiani, un grande amico e fratello con cui divido tantissimi allenamenti da più di 5 anni, il grande Gabriele Garofalo. Confrontarmi con lui mi ha aiutato molto ad andare avanti e mi ha dato una grande carica per iniziare un nuovo anno di allenamenti; in ogni caso l’esito della heat è stato un bel pareggio, una cosa abbastanza rara in una gara. Alla metà della heat ripetuta, dopo una manovra praticamente chiusa, mi si è incastrata una backline allo scarpone mandando l’aquilone in loop senza pietà. Sono stato costretto allo sgancio di emergenza, a tornare a riva senza kite e… fine della gara! Quindi non proprio il massimo dal punto di vista del risultato, ma ottimo a livello morale. Sono contento di essermela giocata con un grande atleta come lui, soprattutto considerando le condizioni veramente estreme, più di 35 nodi molto rafficati».
– Però sei entrato a far parte del team italiano di Best Kiteboarding. Sei contento?
«Si, sicuramente! Entrare in un grande team come quello di quest’anno è un grande piacere. Stanno investendo molto sul Freestyle, con loro mi sento che andrà bene, mi piacciono i materiali, mi piace il team e mi piace l’organizzazione. Non c’è cosa migliore per un atleta di un brand serio che ti appoggia e ti supporta non guardando solo ai propri interessi ma con la volontà di crescere insieme… Questo mi dà forza e voglia di migliorare».
– Dove ti sei allenato nel 2015?
«Mi sono allenato tutto l’anno e continuerò anche il prossimo allo Stagnone di Marsala, dove ci ritroviamo tutti insieme con gli altri amici e atleti del Campionato Italiano Freestyle. E’ perfetto stare in acqua tutti insieme e spronarci per migliorare e andare enorme! Gabriele Garofalo, insieme a Gianmaria Coccoluto, Andrea Lisi e Daniele Milazzo, sono gli altri “local” dello Stagnone con cui condivido ogni session. Saltuariamente vengono anche altri atleti, tra cui Giorgio Nannavecchia, Emanuele Minutello e tanti altri. Dal prossimo anno speriamo tutti di vedere Andrea Cosimi che quest’anno si è dovuto far pregare ma non è venuto! Ci aspettiamo tutti un suo grande rientro al più presto!».
– Tra gli italiani sei il rider con il fisico più imponente. Un vantaggio o uno svantaggio?
«Questa è una domanda che mi fanno spesso, ma non ho mai saputo rispondere. Sicuramente un fisico come il mio non ti aiuta in agilità e leggerezza, ma ti impone uno stile potente e aggressivo e considerando che il kite sta diventando sempre più potente, estremo e tecnico, non è del tutto una qualità negativa…. Quindi non saprei, sono più i giudici e il pubblico che devono giudicare».
– Chi dei rider più famosi ti ispira maggiormente?
«Beh, sicuramente Mr. Aaron Hadlow. Sono cresciuto con i suoi video, sono cresciuto con lui come icona e dopo 5 titoli di Campione del Mondo ancora gli da giù come solo lui sa fare. Mi piace anche tantissimo Carlos Mario, in arte “Bebè”, che è un… bebé giusto di nome considerando quanto è grosso, massiccio e super tecnico. E’ anche l’unico a chiudere da manuale un BS 319… un triplo passaggio di barra».
– Hai iniziato con il kite 11 anni fa. Che cambiamenti hai visto nello sport?
«Tantissimi: adesso il kite è una realtà concreta, in ogni spiaggia con un filo di vento si vedono dei kite in volo. E’ una disciplina che sta iniziando ad esplodere e di questo ne sono immensamente felice. Prima, quando dicevi di far “kite”, ti rispondevano: «Cosa? Skate?», insomma era abbastanza deprimente… Ma adesso finalmente c’è meno disinformazione e quel maledetto pregiudizio del kite come uno sport impossibile che per poterlo fare devi avere una forza pari a quella di Hulk è quasi sparito. Si stanno avvicinando sempre più praticanti, dai più piccoli ai più grandi, comprese le donne. Per questo sono molto contento. Viva il kite e che continui a crescere sempre così, in maniera esponenziale!».
– Che ne pensi delle altre varianti del kitesurf oltre al Freestyle?
«Le tante altre discipline che stanno nascendo sono una più bella dell’altra. Solo che, se devo essere sincero, non c’è paragone con il Freestyle. E’ l’interpretazione più spettacolare e tecnica del nostro sport. Diciamo che, a parer mio, se si vuole veramente superare il limite del kite, lo si deve fare con il Freestyle. D’altra parte da uno sport bisogna tirare fuori il meglio e non la cosa più semplice».
– Quindi il Freestyle vince su tutto il resto?
«In questa disciplina, ad oggi, gli atleti, a velocità folli e con una potenza mai vista prima, si sparano 2/3 passaggi di barra. Vedere come gli atleti volano ed esprimono tutta la loro arte con un controllo del corpo pari a quello della ginnastica artistica è qualcosa di sensazionale e unico, talmente bello che la sua perfezione lo rende spesso incomprensibile, sottovalutato e, per il potenziale che ha, poco seguito. Mi dispiace, ma non ci sono paragoni. Inoltre, se si aggiunge il coefficiente di rischio, la necessità di provare tutti i giorni, per tutto il giorno e sbagliare quel tipo di manovre, insomma, non è proprio una passeggiata sull’acqua!».
– Certo che però è un po’ difficile provare a fare freestyle per il kiter “medio”.
«Non direi, avvicinarsi al Freestyle è molto più semplice di quanto sembri. Basta affiancarsi ad un coach che ti dà quei trucchetti che ti aiutano a migliorare senza ripetere gli stessi errori 2.000 volte. E vi assicuro che se lo provate vi innamorate e queste manovre che sembrano veloci e difficili da capire, saranno il vostro pane quotidiano».
– Oltre al kite, cosa fai o vorresti fare nella vita?
«Sto studiando giurisprudenza. Un giorno se dovessi impazzire farò l’avvocato… Di certo non passo al surfino!».
Articolo redatto da
Daniele Pizzo
a cura di David Ingiosi
Photo courtesy: Katarzyna Gmitrzak
Un anno un po’ sfortunato, ma pieno di carica
Andrea Ragazzoni, classe 1992, romano, è uno dei protagonisti del freestyle italiano. In acqua si distingue per il suo fisico imponente e per lo stile potente che rende spettacolari le manovre più radicali. Con lui abbiamo abbiamo parlato di gare, progetti, della sua visione dello sport e tanto altro.
– Andrea, com’è andato il tuo 2015 sportivo?
«Direi non benissimo, speravo di fare qualche risultato migliore al Campionato Italiano a Porto Botte, ma sono stato molto sfortunato per una serie di eventi: in prima heat è calato improvvisamente il vento da 20 e passa nodi a meno di 14. Non avevo un kite di una misura più grande e mi sono dovuto adattare. Nella heat successiva, mi sono scontrato con uno dei migliori rider italiani, un grande amico e fratello con cui divido tantissimi allenamenti da più di 5 anni, il grande Gabriele Garofalo. Confrontarmi con lui mi ha aiutato molto ad andare avanti e mi ha dato una grande carica per iniziare un nuovo anno di allenamenti; in ogni caso l’esito della heat è stato un bel pareggio, una cosa abbastanza rara in una gara. Alla metà della heat ripetuta, dopo una manovra praticamente chiusa, mi si è incastrata una backline allo scarpone mandando l’aquilone in loop senza pietà. Sono stato costretto allo sgancio di emergenza, a tornare a riva senza kite e… fine della gara! Quindi non proprio il massimo dal punto di vista del risultato, ma ottimo a livello morale. Sono contento di essermela giocata con un grande atleta come lui, soprattutto considerando le condizioni veramente estreme, più di 35 nodi molto rafficati».
– Però sei entrato a far parte del team italiano di Best Kiteboarding. Sei contento?
«Si, sicuramente! Entrare in un grande team come quello di quest’anno è un grande piacere. Stanno investendo molto sul Freestyle, con loro mi sento che andrà bene, mi piacciono i materiali, mi piace il team e mi piace l’organizzazione. Non c’è cosa migliore per un atleta di un brand serio che ti appoggia e ti supporta non guardando solo ai propri interessi ma con la volontà di crescere insieme… Questo mi dà forza e voglia di migliorare».
– Dove ti sei allenato nel 2015?
«Mi sono allenato tutto l’anno e continuerò anche il prossimo allo Stagnone di Marsala, dove ci ritroviamo tutti insieme con gli altri amici e atleti del Campionato Italiano Freestyle. E’ perfetto stare in acqua tutti insieme e spronarci per migliorare e andare enorme! Gabriele Garofalo, insieme a Gianmaria Coccoluto, Andrea Lisi e Daniele Milazzo, sono gli altri “local” dello Stagnone con cui condivido ogni session. Saltuariamente vengono anche altri atleti, tra cui Giorgio Nannavecchia, Emanuele Minutello e tanti altri. Dal prossimo anno speriamo tutti di vedere Andrea Cosimi che quest’anno si è dovuto far pregare ma non è venuto! Ci aspettiamo tutti un suo grande rientro al più presto!».
– Tra gli italiani sei il rider con il fisico più imponente. Un vantaggio o uno svantaggio?
«Questa è una domanda che mi fanno spesso, ma non ho mai saputo rispondere. Sicuramente un fisico come il mio non ti aiuta in agilità e leggerezza, ma ti impone uno stile potente e aggressivo e considerando che il kite sta diventando sempre più potente, estremo e tecnico, non è del tutto una qualità negativa…. Quindi non saprei, sono più i giudici e il pubblico che devono giudicare».
– Chi dei rider più famosi ti ispira maggiormente?
«Beh, sicuramente Mr. Aaron Hadlow. Sono cresciuto con i suoi video, sono cresciuto con lui come icona e dopo 5 titoli di Campione del Mondo ancora gli da giù come solo lui sa fare. Mi piace anche tantissimo Carlos Mario, in arte “Bebè”, che è un… bebé giusto di nome considerando quanto è grosso, massiccio e super tecnico. E’ anche l’unico a chiudere da manuale un BS 319… un triplo passaggio di barra».
– Hai iniziato con il kite 11 anni fa. Che cambiamenti hai visto nello sport?
«Tantissimi: adesso il kite è una realtà concreta, in ogni spiaggia con un filo di vento si vedono dei kite in volo. E’ una disciplina che sta iniziando ad esplodere e di questo ne sono immensamente felice. Prima, quando dicevi di far “kite”, ti rispondevano: «Cosa? Skate?», insomma era abbastanza deprimente… Ma adesso finalmente c’è meno disinformazione e quel maledetto pregiudizio del kite come uno sport impossibile che per poterlo fare devi avere una forza pari a quella di Hulk è quasi sparito. Si stanno avvicinando sempre più praticanti, dai più piccoli ai più grandi, comprese le donne. Per questo sono molto contento. Viva il kite e che continui a crescere sempre così, in maniera esponenziale!».
– Che ne pensi delle altre varianti del kitesurf oltre al Freestyle?
«Le tante altre discipline che stanno nascendo sono una più bella dell’altra. Solo che, se devo essere sincero, non c’è paragone con il Freestyle. E’ l’interpretazione più spettacolare e tecnica del nostro sport. Diciamo che, a parer mio, se si vuole veramente superare il limite del kite, lo si deve fare con il Freestyle. D’altra parte da uno sport bisogna tirare fuori il meglio e non la cosa più semplice».
– Quindi il Freestyle vince su tutto il resto?
«In questa disciplina, ad oggi, gli atleti, a velocità folli e con una potenza mai vista prima, si sparano 2/3 passaggi di barra. Vedere come gli atleti volano ed esprimono tutta la loro arte con un controllo del corpo pari a quello della ginnastica artistica è qualcosa di sensazionale e unico, talmente bello che la sua perfezione lo rende spesso incomprensibile, sottovalutato e, per il potenziale che ha, poco seguito. Mi dispiace, ma non ci sono paragoni. Inoltre, se si aggiunge il coefficiente di rischio, la necessità di provare tutti i giorni, per tutto il giorno e sbagliare quel tipo di manovre, insomma, non è proprio una passeggiata sull’acqua!».
– Certo che però è un po’ difficile provare a fare freestyle per il kiter “medio”.
«Non direi, avvicinarsi al Freestyle è molto più semplice di quanto sembri. Basta affiancarsi ad un coach che ti dà quei trucchetti che ti aiutano a migliorare senza ripetere gli stessi errori 2.000 volte. E vi assicuro che se lo provate vi innamorate e queste manovre che sembrano veloci e difficili da capire, saranno il vostro pane quotidiano».
– Oltre al kite, cosa fai o vorresti fare nella vita?
«Sto studiando giurisprudenza. Un giorno se dovessi impazzire farò l’avvocato… Di certo non passo al surfino!».
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