16 Novembre 2010

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Voglio vivere cosi.

di: Redazione Kitesurfing

DANIELE: HO CAMBIATO VITA GRAZIE ALLA PASSIONE PER IL KITESURF16/11/2010

Sono tanti i motivi che portano alla decisione di lasciare il proprio Paese e cambiare radicalmente vita. Ma se una persona ha già una famiglia, una casa, un’ attività aziendale affermata… cosa può avere di tanto pressante da voler rompere con i legami costruiti in una vita ?
Il caso di domandarlo a Daniele Bassi affermato piccolo imprenditore della bassa modenese sulla cinquantina, che circa un anno fa è rimasto come folgorato da una vacanza ad Uruaù nel nord del Brasile poco sotto la linea dell’equatore. Si era recato in quell’ angolo di Sud America per conoscere la patria degli appassionati del suo sport prediletto: il Kitesurf (consiste nel farsi trasportare dal vento sulla riva dell’ oceano attaccati ad un aquilone e ad una tavola da surf).

Uruaù: il paradiso del Kite Surf

Dopo essere entrato in contatto con la piccola comunità italiana locale che gestisce alcune attività turistiche è rimasto folgorato dallo stile di vita del luogo e dalle possibilità che offriva per insediarsi vita natural durante.

Grazie ad un’ altra sua passione trasmessa da generazioni, ovvero la cucina, ha deciso di iniziare una seconda vita completamente staccata dalla precedente.

Ci racconta di come questa esperienza lo abbia cambiato nel profondo: demolendo i tanti falsi miti che la vita occidentale propina come miraggi di felicità. Il suo inserimento è avvenuto in completa armonia con l’ambiente locale: utilizza prodotti a chilometro zero, non ha la macchina, e dà lavoro anche alla gente del posto. La sua vita scorre serena tra i momenti in cui volteggia per aria con il suo kite e il lavoro i cui ritmi non hanno nulla a che vedere con la frenesia della vita moderna.

Come è nata questa voglia di iniziare una seconda vita?

Tutto è iniziato un anno fa dopo le vacanze programmate all’insegna del kite surf: Uruaù è una “Mecca” per chi fa questo sport.

Hai fatto tutto da solo?

Debbo molto ai contatti che ho sviluppato con la piccola comunità italiana locale che da anni ha intrapreso delle attività legate a questo sport. Quanto agli investimenti ed hai progetti mi sono avvalso di collaboratrori fantastici come mia figlia Giulia, Andrea e Moiseis.

Brasile Uruarù

Come si svolge la tua giornata tipo?

Mi sveglio alle 5.30 del mattino (all’equatore il sole si alza presto e cala presto tutti i giorni) faccio colazione, preparo i conti , comunico con casa, e faccio la spesa in paese dove il mercato è ancora all’antica: fanno ancora tutto col carretto trainato da muli. Faccio un’ora kite verso le 10 e alle 12.00 inizio ad accendere i fornelli finché arrivano dei clienti (tutti amanti di questo sport e che provengono da ogni angolo del pianeta). E poi di solito faccio kite di nuovo fino alle 17.00 quando è ora dell’aperitivo e della cena.

La tua cucina è più italiana, brasiliana o mista ?

Cucina italiana, menù italiano, di brasiliano ci sono solo le “materie prime” soprattutto il pescato. Faccio la picagna e poco altro di brasiliano, il resto è tutto continentale, per venire incontro alle esigenze del cliente medio occidentale.

Come si è sviluppato il tuo rapporto con gli autoctoni?

Con i locali mi trovo bene, tranne che con i ricchi che sono un po’ arroganti, ma la mia attività è sempre stata tranquilla anzi alcuni di loro lavorano con me, inoltre compro i loro prodotti.

Cosa ti stupisce della loro filosofia di vita?

Il villaggio è abitato da pescatori nativi: la loro vita è quella! La tecnologia e le infrastrutture sono da paese arretrato: la via principale del paese è fatta di ciottoli. Ma non è una povertà indecorosa: hanno quello che gli basta. D’altro canto ho notato dei contrasti che sono tipici dei sudamericani: per esempio non c’è casa senza antenna parabolica e a nessuno manca il telefonino…però vivono in case fatiscenti!

Daniele Bassi

E’ difficile per un occidentale integrarsi in una realtà così differente?

C’è assoluto rispetto per i turisti. Non esiste un vero e proprio concetto di sicurezza pubblica: al posto delle istituzioni ci sono i “capi villaggio” che controllano la sicurezza dei turisti…e guai a chi li importuna!

I servizi pubblici sono particolari. In pratica sono fatti in casa: ad esempio l’ufficio postale o quello del notaio altro non sono che dei garage privati con dentro un “funzionario”.

Ad ogni buon conto devo dire che c’è anche meno burocrazia e meno fiscalità e gli investimenti sono semplificati: insomma un pregio che non si può attribuire alla nostra progredita Italia.

Per il resto si può dire che a favorire un certo stile di vita è anche il clima: si vive bene con poco abbigliamento, serve poca energia, le distanze sono brevi.

Quanto ai mezzi pubblici: è difficile definirli tali. Diciamo che se ti devi spostare concordi un passaggio con qualcuno del posto! Altrettanto abbiamo fatto per creare un servizio di navetta per i turisti all’aeroporto… sarà strano eppure funziona!

Per il resto siamo stati facilmente contagiati dalla loro pervasiva voglia di danzare, cantare e stare allegri.

Inoltre sono religiosissimi: qui la Chiesa è molto rispettata ed è la principale responsabile dell’educazione.

Non vi pesa questa carenza di tecnologia ?

La mancanza di tecnologia all’inizio è stata per noi traumatica: come tutti gli occidentali che vengono qui la prima volta! All’ inizio vorresti scappare di nuovo a casa, ma poi mi sono accorto che per essere felici basta poco: la natura e l’amicizia della gente sono cose molto più importanti. Ho notato che tutti i visitatori che sono stati qui si sono letteralmente trasformati dopo il primo giorno: soprattutto le donne che all’inizio si sentono disorientate perché manca il concetto di shopping. Ma già al secondo giorno si viene permeati dallo spirito del luogo: contatto con la natura, sport all’aria aperta, passeggiate a piedi o cavallo, dune incantate, un’ atmosfera da villaggio dei tempi perduti.

La natura qui ti dà tutto quello di cui hai bisogno e non senti il bisogno di cercare eccessi.

Io per esempio mi sono accorto di come sto bene senza la macchina: prima pensavo fosse una privazione insopportabile e da buon occidentale ero succube del mito della grossa cilindrata e degli interni in pelle. Ora mi rendo conto di quanto siano futile questa ricerca dell’esteriorità, e anche personalmente sono diventato, a detta di chi mi conosce, più rilassato.

Daniele Bassi ad Uruarù, Brasile

Come ti sembra la madrepatria vista da lì?

Meglio non parlarne: sto male ogni volta che mi sento deridere per le figure che fanno i nostri rappresentanti …meglio parlare di altro.

Per ora non senti nessuna voglia di tornare indietro?

Ormai l’investimento è partito, ho fatto tutto da solo in un campo che non era il mio. Per me è l’inizio di una nuova vita e ne vado fiero: non posso tornare indietro! Ho cominciato che non sapevo neanche una lingua…ma quando la gente ha fame un canale di comunicazione si trova sempre!

E poi grazie alla tecnologia (skype e facebook) mantengo quotidianamente i rapporti con casa.

Intervista a cura di Raffaele Ganzerli

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Voglio vivere cosi.

di: Redazione Kitesurfing

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Sono tanti i motivi che portano alla decisione di lasciare il proprio Paese e cambiare radicalmente vita. Ma se una persona ha già una famiglia, una casa, un’ attività aziendale affermata… cosa può avere di tanto pressante da voler rompere con i legami costruiti in una vita ?
Il caso di domandarlo a Daniele Bassi affermato piccolo imprenditore della bassa modenese sulla cinquantina, che circa un anno fa è rimasto come folgorato da una vacanza ad Uruaù nel nord del Brasile poco sotto la linea dell’equatore. Si era recato in quell’ angolo di Sud America per conoscere la patria degli appassionati del suo sport prediletto: il Kitesurf (consiste nel farsi trasportare dal vento sulla riva dell’ oceano attaccati ad un aquilone e ad una tavola da surf).

Uruaù: il paradiso del Kite Surf

Dopo essere entrato in contatto con la piccola comunità italiana locale che gestisce alcune attività turistiche è rimasto folgorato dallo stile di vita del luogo e dalle possibilità che offriva per insediarsi vita natural durante.

Grazie ad un’ altra sua passione trasmessa da generazioni, ovvero la cucina, ha deciso di iniziare una seconda vita completamente staccata dalla precedente.

Ci racconta di come questa esperienza lo abbia cambiato nel profondo: demolendo i tanti falsi miti che la vita occidentale propina come miraggi di felicità. Il suo inserimento è avvenuto in completa armonia con l’ambiente locale: utilizza prodotti a chilometro zero, non ha la macchina, e dà lavoro anche alla gente del posto. La sua vita scorre serena tra i momenti in cui volteggia per aria con il suo kite e il lavoro i cui ritmi non hanno nulla a che vedere con la frenesia della vita moderna.

Come è nata questa voglia di iniziare una seconda vita?

Tutto è iniziato un anno fa dopo le vacanze programmate all’insegna del kite surf: Uruaù è una “Mecca” per chi fa questo sport.

Hai fatto tutto da solo?

Debbo molto ai contatti che ho sviluppato con la piccola comunità italiana locale che da anni ha intrapreso delle attività legate a questo sport. Quanto agli investimenti ed hai progetti mi sono avvalso di collaboratrori fantastici come mia figlia Giulia, Andrea e Moiseis.

Brasile Uruarù

Come si svolge la tua giornata tipo?

Mi sveglio alle 5.30 del mattino (all’equatore il sole si alza presto e cala presto tutti i giorni) faccio colazione, preparo i conti , comunico con casa, e faccio la spesa in paese dove il mercato è ancora all’antica: fanno ancora tutto col carretto trainato da muli. Faccio un’ora kite verso le 10 e alle 12.00 inizio ad accendere i fornelli finché arrivano dei clienti (tutti amanti di questo sport e che provengono da ogni angolo del pianeta). E poi di solito faccio kite di nuovo fino alle 17.00 quando è ora dell’aperitivo e della cena.

La tua cucina è più italiana, brasiliana o mista ?

Cucina italiana, menù italiano, di brasiliano ci sono solo le “materie prime” soprattutto il pescato. Faccio la picagna e poco altro di brasiliano, il resto è tutto continentale, per venire incontro alle esigenze del cliente medio occidentale.

Come si è sviluppato il tuo rapporto con gli autoctoni?

Con i locali mi trovo bene, tranne che con i ricchi che sono un po’ arroganti, ma la mia attività è sempre stata tranquilla anzi alcuni di loro lavorano con me, inoltre compro i loro prodotti.

Cosa ti stupisce della loro filosofia di vita?

Il villaggio è abitato da pescatori nativi: la loro vita è quella! La tecnologia e le infrastrutture sono da paese arretrato: la via principale del paese è fatta di ciottoli. Ma non è una povertà indecorosa: hanno quello che gli basta. D’altro canto ho notato dei contrasti che sono tipici dei sudamericani: per esempio non c’è casa senza antenna parabolica e a nessuno manca il telefonino…però vivono in case fatiscenti!

Daniele Bassi

E’ difficile per un occidentale integrarsi in una realtà così differente?

C’è assoluto rispetto per i turisti. Non esiste un vero e proprio concetto di sicurezza pubblica: al posto delle istituzioni ci sono i “capi villaggio” che controllano la sicurezza dei turisti…e guai a chi li importuna!

I servizi pubblici sono particolari. In pratica sono fatti in casa: ad esempio l’ufficio postale o quello del notaio altro non sono che dei garage privati con dentro un “funzionario”.

Ad ogni buon conto devo dire che c’è anche meno burocrazia e meno fiscalità e gli investimenti sono semplificati: insomma un pregio che non si può attribuire alla nostra progredita Italia.

Per il resto si può dire che a favorire un certo stile di vita è anche il clima: si vive bene con poco abbigliamento, serve poca energia, le distanze sono brevi.

Quanto ai mezzi pubblici: è difficile definirli tali. Diciamo che se ti devi spostare concordi un passaggio con qualcuno del posto! Altrettanto abbiamo fatto per creare un servizio di navetta per i turisti all’aeroporto… sarà strano eppure funziona!

Per il resto siamo stati facilmente contagiati dalla loro pervasiva voglia di danzare, cantare e stare allegri.

Inoltre sono religiosissimi: qui la Chiesa è molto rispettata ed è la principale responsabile dell’educazione.

Non vi pesa questa carenza di tecnologia ?

La mancanza di tecnologia all’inizio è stata per noi traumatica: come tutti gli occidentali che vengono qui la prima volta! All’ inizio vorresti scappare di nuovo a casa, ma poi mi sono accorto che per essere felici basta poco: la natura e l’amicizia della gente sono cose molto più importanti. Ho notato che tutti i visitatori che sono stati qui si sono letteralmente trasformati dopo il primo giorno: soprattutto le donne che all’inizio si sentono disorientate perché manca il concetto di shopping. Ma già al secondo giorno si viene permeati dallo spirito del luogo: contatto con la natura, sport all’aria aperta, passeggiate a piedi o cavallo, dune incantate, un’ atmosfera da villaggio dei tempi perduti.

La natura qui ti dà tutto quello di cui hai bisogno e non senti il bisogno di cercare eccessi.

Io per esempio mi sono accorto di come sto bene senza la macchina: prima pensavo fosse una privazione insopportabile e da buon occidentale ero succube del mito della grossa cilindrata e degli interni in pelle. Ora mi rendo conto di quanto siano futile questa ricerca dell’esteriorità, e anche personalmente sono diventato, a detta di chi mi conosce, più rilassato.

Daniele Bassi ad Uruarù, Brasile

Come ti sembra la madrepatria vista da lì?

Meglio non parlarne: sto male ogni volta che mi sento deridere per le figure che fanno i nostri rappresentanti …meglio parlare di altro.

Per ora non senti nessuna voglia di tornare indietro?

Ormai l’investimento è partito, ho fatto tutto da solo in un campo che non era il mio. Per me è l’inizio di una nuova vita e ne vado fiero: non posso tornare indietro! Ho cominciato che non sapevo neanche una lingua…ma quando la gente ha fame un canale di comunicazione si trova sempre!

E poi grazie alla tecnologia (skype e facebook) mantengo quotidianamente i rapporti con casa.

Intervista a cura di Raffaele Ganzerli

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