5 Marzo 2015

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Freestyle: le regole di gara ve le spiego io

di: Redazione Kitesurfing

Intervista a Giuseppe Stefanelli Giudice Federale di Kitesurf

Gare mondiali di Freestyle, cosa cambia?

Giuseppe Stefanelli, giudice federale dal 2011, ci svela nel dettaglio il nuovo regolamento del PKRA World Tour 2015: qualifiche, tabelloni, campo di gara, penalità e parametri di valutazione. Un’occasione preziosa anche per capire dove sta andando questa disciplina sul piano agonistico e scoprire il ruolo di una figura tecnica assolutamente strategica.

 – Quest’anno nel PKRA World Tour non ci saranno più i Trials di qualificazione in ogni evento del circuito, ma solo nella prima tappa di Dakhla e in quella di Tarifa. Perché queste nuove regole?

«La programmazione dei Trials in solo due tappe del World Tour 2015 ha un duplice obiettivo. Il primo è quello di ottimizzare i tempi di gara: le qualificazioni infatti richiedono sempre un sacco di tempo a discapito delle competizioni del Main Event, per cui prevederle in ogni tappa stava diventando troppo oneroso per gli organizzatori. Il secondo motivo, ancora più importante, è quello di alzare il livello degli atleti del Campionato Mondiale, cioè restringere l’accesso a quella che è la più importante gara del panorama internazionale solo ai professionisti. Nelle passate edizioni qualsiasi appassionato in regola con il tesseramento della federazione nazionale e quello della classe Ika, anche senza essere nella Ranking List internazionale poteva iscriversi ai Trials in qualunque tappa del circuito e tentare di accedere alle gare. Questo non è più sostenibile e ormai il kitesurf agonistico si sta sempre più avvicinando al surf da onda dove se non sei un atleta qualificato e classificato nella Ranking non puoi partecipare alle gare del mondiale. Per la disciplina del Big Air dedicata ai grandi salti invece continueranno a essere organizzati Trials in tutte le tappe del mondiale».

– Come cambia quindi la gestione dei tabelloni?

«I tabelloni di ogni tappa saranno a numero chiuso che è 24 concorrenti. I primi 14 atleti uomini e le prime 7 atlete donne della Ranking List mondiale del 2014 non partecipano ai Trials di Dakhla, ma entrano direttamente nel Main Event. Ci sono poi le wild card, due per i maschi e una per le donne, che saranno gestite direttamente dagli organizzatori delle varie tappe: per fare un esempio Alex Pastor che nel 2014 si è infortunato, ma nel 2013 aveva vinto il mondiale molto probabilmente riceverà la wild card e salterà i Trials. Chi invece, partecipando ai Trials in Marocco riuscirà a qualificarsi, parteciperà a tutte le altre tappe del circuito fino a quella di Tarifa dove si disputeranno altre gare di qualificazione; a queste non prenderanno parte i primi 14 atleti della classifica generale rispetto alle tappe precedenti. Dalla tappa spagnola in poi chi non è riuscito a qualificarsi non potrà più rientrare al Mondiale».

 Un’altra importante novità riguarda la riduzione del campo di gara. Cosa comporterà questa decisione per gli atleti?

«Sì, il campo di gara destinato alle manovre sarà di circa 50-70 metri quindi è stato piuttosto ristretto. Questa modifica in realtà può essere un po’ penalizzante solo per i debuttanti o comunque per chi non ha molta esperienza di gara, perché gli atleti esperti riescono a chiudere le manovre in uno spazio estremamente ridotto e sono sempre perfettamente posizionati rispetto al palco giuria, proprio per dimostrare in pieno tutte le proprie potenzialità. L’area di manovra ridotta comporta tuttavia una serie di penalità più restrittive per chi invade il campo durante le heat. Negli anni scorsi c’era più tolleranza e spesso capitava per esempio che un atleta della heat successiva che magari si stava scaldando entrasse in campo per risalire il vento o in seguito a una caduta. Ecco ora queste interferenze saranno sanzionate in modo progressivo: a chi invade il campo per la prima volta verrà decurtato del 50 per cento il punteggio della migliore manovra nella propria heat, mentre in caso di recidiva si verrà addirittura eliminati dalla heat. Anche questa decisione testimonia la volontà di rendere gli atleti del Mondiale sempre più disciplinati e professionali».

Anche sul versante dei parametri di valutazione delle manovre da parte dei giudici ci sono dei cambiamenti. Puoi spiegarceli?

«Sì, nelle passate edizioni c’erano 5-6 parametri di giudizio. Adesso alcuni elementi sono stati semplicemente accorpati, per cui alla fine è vero che ne sono rimasti tre, ossia potenza, tecnica e innovazione, però per esempio nella valutazione della potenza rientrano anche il fattore velocità di ingresso e di uscita da una manovra, così come la posizione dell’ala; oppure nel parametro della tecnica si valutano anche la fluidità e la variabilità delle manovre, e così via. Per il resto per ogni atleta si valuteranno solo le 5 migliori manovre su 12 di una heat e il palco giuria sarà composto da 5 giudici di sedia e un capo giudice».

Quali riflessi avranno queste nuove regole del PKRA sulle gare del Campionato Europeo e su quelli Nazionali?

«In realtà le nuove regole e il format di gara scelti nel Mondiale non sono vincolanti negli altri contesti sportivi. Sono rispettivamente l’Isaf, ossia la Federazione Internazionale della Vela, e l’Ika cioè la Federazione Internazionale del Kitesurf a determinare il regolamento di gara che un determinato organizzatore deve applicare in una tappa dell’Europeo, di un Campionato Italiano o in qualsiasi altro evento. Naturalmente però anche se non obbligatorio il format del Mondiale rimane un riferimento fondamentale per ogni atleta e per tutti gli organizzatori di competizioni».

 Come giudice ed esperto di competizioni puoi dirci in che direzione sta andando il Freestyle?

«L’obiettivo è decisamente quello di avvicinare sempre di più il Freestyle al Wakeboard come figure e valutazione delle stesse. Basta vedere come le manovre stiano diventando sempre più radicali e il giudizio sulle stesse molto simile per esempio alla disciplina della ginnastica artistica. Le conseguenze più evidenti di questa evoluzione sono da un lato l’elevato livello tecnico degli atleti e dall’altro l’abbassamento progressivo dell’età media degli stessi, solo i più giovani infatti, diciamo quelli compresi tra i 16 e i 25 anni, riescono a essere sufficientemente elastici, veloci ed esplosivi nelle manovre e quindi a essere più competitivi. Inoltre c’è da considerare il rischio molto alto in questa disciplina di infortuni, per cui solo i più giovani riescono a recuperare in fretta. Se si guarda all’attuale Ranking List mondiale l’atleta più vecchio ha 26 anni. Peraltro questa radicalizzazione estrema della manovre porta in realtà a ridurre il lato spettacolare dello sport: oggi un atleta chiude in pochissimi secondi una manovra nello spazio di 2-3 metri con figure complesse e poco comprensibili se non dagli addetti ai lavori. Ecco perché viene promosso contemporaneamente il Big Air con i salti vecchia scuola, meno complessi ma più efficaci a livello mediatico».

 Stefano cosa ti piace di più del tuo lavoro di giudice?

«Questo lavoro per me è una grande passione e non potrebbe essere altrimenti visto che i giudici non vengono retribuiti ma hanno diritto solo a un rimborso spese. A me piace essere parte di questo ambiente, cercare di renderlo sempre più professionale e poi personalmente mi ispiro a un profondo senso di giustizia. A volte a fine gara faccio una specie di esame di coscienza, mi chiedo se ho dato il massimo, se sono stato oggettivo fino in fondo, se ha vinto veramente l’atleta migliore in acqua. Questo perché ho un profondo rispetto dei rider che fanno mille sacrifici in uno sport che sul lato economico restituisce ben poco e quindi hanno diritto a essere giudicati in modo imparziale e più giusto possibile».

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 – Quest’anno nel PKRA World Tour non ci saranno più i Trials di qualificazione in ogni evento del circuito, ma solo nella prima tappa di Dakhla e in quella di Tarifa. Perché queste nuove regole?

«La programmazione dei Trials in solo due tappe del World Tour 2015 ha un duplice obiettivo. Il primo è quello di ottimizzare i tempi di gara: le qualificazioni infatti richiedono sempre un sacco di tempo a discapito delle competizioni del Main Event, per cui prevederle in ogni tappa stava diventando troppo oneroso per gli organizzatori. Il secondo motivo, ancora più importante, è quello di alzare il livello degli atleti del Campionato Mondiale, cioè restringere l’accesso a quella che è la più importante gara del panorama internazionale solo ai professionisti. Nelle passate edizioni qualsiasi appassionato in regola con il tesseramento della federazione nazionale e quello della classe Ika, anche senza essere nella Ranking List internazionale poteva iscriversi ai Trials in qualunque tappa del circuito e tentare di accedere alle gare. Questo non è più sostenibile e ormai il kitesurf agonistico si sta sempre più avvicinando al surf da onda dove se non sei un atleta qualificato e classificato nella Ranking non puoi partecipare alle gare del mondiale. Per la disciplina del Big Air dedicata ai grandi salti invece continueranno a essere organizzati Trials in tutte le tappe del mondiale».

– Come cambia quindi la gestione dei tabelloni?

«I tabelloni di ogni tappa saranno a numero chiuso che è 24 concorrenti. I primi 14 atleti uomini e le prime 7 atlete donne della Ranking List mondiale del 2014 non partecipano ai Trials di Dakhla, ma entrano direttamente nel Main Event. Ci sono poi le wild card, due per i maschi e una per le donne, che saranno gestite direttamente dagli organizzatori delle varie tappe: per fare un esempio Alex Pastor che nel 2014 si è infortunato, ma nel 2013 aveva vinto il mondiale molto probabilmente riceverà la wild card e salterà i Trials. Chi invece, partecipando ai Trials in Marocco riuscirà a qualificarsi, parteciperà a tutte le altre tappe del circuito fino a quella di Tarifa dove si disputeranno altre gare di qualificazione; a queste non prenderanno parte i primi 14 atleti della classifica generale rispetto alle tappe precedenti. Dalla tappa spagnola in poi chi non è riuscito a qualificarsi non potrà più rientrare al Mondiale».

 Un’altra importante novità riguarda la riduzione del campo di gara. Cosa comporterà questa decisione per gli atleti?

«Sì, il campo di gara destinato alle manovre sarà di circa 50-70 metri quindi è stato piuttosto ristretto. Questa modifica in realtà può essere un po’ penalizzante solo per i debuttanti o comunque per chi non ha molta esperienza di gara, perché gli atleti esperti riescono a chiudere le manovre in uno spazio estremamente ridotto e sono sempre perfettamente posizionati rispetto al palco giuria, proprio per dimostrare in pieno tutte le proprie potenzialità. L’area di manovra ridotta comporta tuttavia una serie di penalità più restrittive per chi invade il campo durante le heat. Negli anni scorsi c’era più tolleranza e spesso capitava per esempio che un atleta della heat successiva che magari si stava scaldando entrasse in campo per risalire il vento o in seguito a una caduta. Ecco ora queste interferenze saranno sanzionate in modo progressivo: a chi invade il campo per la prima volta verrà decurtato del 50 per cento il punteggio della migliore manovra nella propria heat, mentre in caso di recidiva si verrà addirittura eliminati dalla heat. Anche questa decisione testimonia la volontà di rendere gli atleti del Mondiale sempre più disciplinati e professionali».

Anche sul versante dei parametri di valutazione delle manovre da parte dei giudici ci sono dei cambiamenti. Puoi spiegarceli?

«Sì, nelle passate edizioni c’erano 5-6 parametri di giudizio. Adesso alcuni elementi sono stati semplicemente accorpati, per cui alla fine è vero che ne sono rimasti tre, ossia potenza, tecnica e innovazione, però per esempio nella valutazione della potenza rientrano anche il fattore velocità di ingresso e di uscita da una manovra, così come la posizione dell’ala; oppure nel parametro della tecnica si valutano anche la fluidità e la variabilità delle manovre, e così via. Per il resto per ogni atleta si valuteranno solo le 5 migliori manovre su 12 di una heat e il palco giuria sarà composto da 5 giudici di sedia e un capo giudice».

Quali riflessi avranno queste nuove regole del PKRA sulle gare del Campionato Europeo e su quelli Nazionali?

«In realtà le nuove regole e il format di gara scelti nel Mondiale non sono vincolanti negli altri contesti sportivi. Sono rispettivamente l’Isaf, ossia la Federazione Internazionale della Vela, e l’Ika cioè la Federazione Internazionale del Kitesurf a determinare il regolamento di gara che un determinato organizzatore deve applicare in una tappa dell’Europeo, di un Campionato Italiano o in qualsiasi altro evento. Naturalmente però anche se non obbligatorio il format del Mondiale rimane un riferimento fondamentale per ogni atleta e per tutti gli organizzatori di competizioni».

 Come giudice ed esperto di competizioni puoi dirci in che direzione sta andando il Freestyle?

«L’obiettivo è decisamente quello di avvicinare sempre di più il Freestyle al Wakeboard come figure e valutazione delle stesse. Basta vedere come le manovre stiano diventando sempre più radicali e il giudizio sulle stesse molto simile per esempio alla disciplina della ginnastica artistica. Le conseguenze più evidenti di questa evoluzione sono da un lato l’elevato livello tecnico degli atleti e dall’altro l’abbassamento progressivo dell’età media degli stessi, solo i più giovani infatti, diciamo quelli compresi tra i 16 e i 25 anni, riescono a essere sufficientemente elastici, veloci ed esplosivi nelle manovre e quindi a essere più competitivi. Inoltre c’è da considerare il rischio molto alto in questa disciplina di infortuni, per cui solo i più giovani riescono a recuperare in fretta. Se si guarda all’attuale Ranking List mondiale l’atleta più vecchio ha 26 anni. Peraltro questa radicalizzazione estrema della manovre porta in realtà a ridurre il lato spettacolare dello sport: oggi un atleta chiude in pochissimi secondi una manovra nello spazio di 2-3 metri con figure complesse e poco comprensibili se non dagli addetti ai lavori. Ecco perché viene promosso contemporaneamente il Big Air con i salti vecchia scuola, meno complessi ma più efficaci a livello mediatico».

 Stefano cosa ti piace di più del tuo lavoro di giudice?

«Questo lavoro per me è una grande passione e non potrebbe essere altrimenti visto che i giudici non vengono retribuiti ma hanno diritto solo a un rimborso spese. A me piace essere parte di questo ambiente, cercare di renderlo sempre più professionale e poi personalmente mi ispiro a un profondo senso di giustizia. A volte a fine gara faccio una specie di esame di coscienza, mi chiedo se ho dato il massimo, se sono stato oggettivo fino in fondo, se ha vinto veramente l’atleta migliore in acqua. Questo perché ho un profondo rispetto dei rider che fanno mille sacrifici in uno sport che sul lato economico restituisce ben poco e quindi hanno diritto a essere giudicati in modo imparziale e più giusto possibile».

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