20 Febbraio 2015

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Le Tavole Divisibili

di: Redazione Kitesurfing

Tendenze

La tavola? La faccio a pezzi

Le tavole assemblabili sono nate alcuni anni fa per ridurre il bagaglio dei kiter che viaggiano o si spostano con piccoli mezzi di trasporto. Oggi il mercato propone modelli sempre più affidabili e performanti, dai grandi marchi internazionali ai piccoli laboratori artigianali made in Italy, come quello di Riccardo Fumini.

Diversi anni fa mi trovavo sulla spiaggia olandese di Scheveningen, nei pressi di Den Haag, in un famoso spot di kitesurf chiamato DeZandMotor, una penisola di sabbia artificiale creata per proteggere la costa dalle imponenti maree tipiche del Nord Europa. A un certo puntò arrivò un ragazzo in bicicletta con alle spalle lo zaino di una North Rebel. Tirò fuori l’ala, la gonfiò e stese i cavi. Pensai volesse semplicemente fare un po’ di pratica a terra per il controllo del kite. Invece sempre dallo zaino estrasse due pezzi di composito, un cacciavite e in pochi minuti assemblò una tavola che completò fissandoci i footstrap e le pinnette.  Era la prima volta che vedevo una splitboard e devo confessare che rimasi impressionato dall’idea di una tavola da portare nello zaino. Nello stesso tempo però ero perplesso sulle prestazioni e la longevità di quei pezzi tenuti insieme chissà come. Mi sembrava più un giocattolo che una vera tavola. Beh, mi sbagliavo.

Negli ultimi anni infatti il concetto di tavole assemblabili ha continuato a essere esplorato in tutto il mondo da parte di shaper e laboratori di design che approfittando di nuovi materiali e migliori tecniche costruttive sono riusciti a proporre prodotti sempre più versatili e di buona fattura.

Vantaggi: ingombro ridotto e viaggi in libertà

La spinta a questa ricerca è dettata proprio dalla necessità di rispondere a un’esigenza pratica sempre più diffusa da parte dei kiter: contenere l’ingombro dell’attrezzatura. Il kitesurf tutto sommato è uno sport essenziale, però tra set di ali di varie misure, trapezio, pompa, muta, twintip o surfino, alla fine si gira a pieno carico. Ebbene il vantaggio di avere una splitboard è innazitutto di poter viaggiare in libertà. Prendete per esempio gli spostamenti in aereo: ognuno di noi è incappato nel sovrapprezzo imposto dalla maggior parte delle compagnie aeree sul bagaglio extra. Spese che a volte raggiungono le centinaia di euro e in caso di voli low cost possono addirittura superare il prezzo del biglietto. Per non parlare delle code al check in e delle interminabili discussioni con l’impiegato di turno.

Ma i vantaggi delle tavole smontabili non si fermano ai viaggi aerei. L’ingombro ridotto permette di risparmiare spazio in auto, specie se si usa una piccola utilitaria o una macchina sportiva, agevola lo stivaggio dell’attrezzatura a bordo di una barca, consente di raggiungere la spiaggia su uno scooter o una bicicletta, proprio come faceva quel ragazzo olandese.

Un mercato in crescita, ma non troppo. Perché?

Da tempo le splitboard non sono più delle presenze rare in spiaggia e ormai quando si sta per comprare la nuova tavola un kiter che viaggia spesso un pensierino ce lo fa. E cosa trova? Il mercato internazionale attuale offre una scelta consistente di tavole assemblabili, ma non illimitata. Bisogna dire infatti che nonostante l’evoluzione tecnologica quello delle splitboard rimane un settore di nicchia in cui investono pochi grandi brand e per il resto è curato da piccole factory di stampo artigianale. I motivi sono diversi.

Innazitutto c’è stato un progressivo ridimensionamento generale delle tavole intere che da lunghe e strette sono diventate col tempo più corte e larghe. Oggi la misura media di una tavola da freeride si aggira tra i 130 e i 136 cm di lunghezza per 40-42 cm di larghezza. Inoltre con l’utilizzo di fibre composite come il carbonio o il kevlar anche il peso si è ridotto notevolmente. Insomma alla fine non tutti gli appassionati avvertono la reale necessità di passare a una splitboard. Rimangono inoltre gli inevitabili dubbi circa le performance, ma anche sulla solidità e la resistenza ai carichi e alle torsioni di un mezzo non a caso nato in un blocco unico e che invece viene proposto, per così dire, in kit. Prova ne è che i pro rider si tengono ben alla larga dalle splitboard, almeno in gara.

Prezzi salati, costruzione più complessa

Un altro fattore che per il momento frena il mercato delle tavole assemblabili è il loro costo piuttosto alto, anche se giustificato da una lavorazione più lenta e complessa rispetto a quelle tradizionali. Infine a molti marchi semplicemente non si interessa questo settore per la difficoltà oggettiva di sviluppare soluzioni tecniche affidabili al 100 per 100, in particolare i sistemi di assemblaggio. Come dire, vale davvero la pena giocarsi il brand su questa roba?

Tutte argomentazioni valide. In ogni caso il mercato delle splitboard tira dritto e oggi chi cerca una tavola salvaspazio trova facilmente il proprio oggetto del desiderio. Facciamo allora un giro d’orizzonte sulle principali proposte del panorama internazionale e italiano, partendo proprio dal cuore di una tavola fatta “a pezzi”, ossia il sistema di ricomporla.

La  W-Connection della Nobile

Il brand polacco Nobile nel catalogo 2015 rilancia la linea di tavole smontabili presentata nel 2013 e denominata Separa: si tratta dei twintip asimmetrici NHP Split (misure 130-134-138, prezzo 999 euro) e Flying Carpet Split (misura 160, prezzo 1.099 euro), entrambi proposti anche nelle versioni full carbon (da 1.499 e 1.599 euro). A queste si aggiunge il surfino Infinity Split (misura 5,9 piedi, prezzo 1.099 euro), anche questo proposto nella versione in carbonio al prezzo di 1.599 euro.

Tutti i modelli sono in due pezzi e presentano la cosiddetta W-Connection, ossia il sistema di connessione a forma di “W” brevettato nel 2013 dallo stesso fondatore del marchio Dariusz Rosiak che permette il veloce assemblamento tramite un paio di fermi in acciaio a scomparsa.

Niente cacciaviti, solo due fermi in metallo

Stessa soluzione tool free è quella proposta da Flysurfer Kiteboarding, brand tedesco con sede a Marquartstein, in Baviera. Le loro tavole smontabili sviluppate grazie a tre anni di progettazione si chiamano Flysplit, hanno linee allround, costruzione ibrida in schiuma leggera con anima in legno ed escono in due misure: da 134×41 cm (peso 2,65 kg, prezzo 999 euro) e da 160×44 cm (peso 3,25 kg a 1.099 euro). Entrambe hanno un profilo a sinusoide che permette di unire le due parti e fissarle in pochi secondi con due piccoli fermi in acciaio sui lati della tavola.

Incastro asimmetrico e 6 viti di fissaggio

Un altra azienda che punta sulle tavole divisibili è la ceca Kitelement. Tre i modelli nel suo catalogo, tutti in due pezzi caratterizzati da costruzione hi-tech, linee aggressive e soprattutto il sistema di assemblaggio A-Lock brevettato dal team di casa che prevede un incastro asimmetrico e il fissaggio dei pezzi mediante 6 viti. Il primo è il Re Solve, un twintip in carbonio multistrato con anima in legno di Paulownia, proposto in due versioni entrambe al prezzo di 890 euro: una da 136,41 cm (peso 3,98 kg) e l’altra da 140,43 cm (peso 4,18 kg). Stesse linee e misure, ma peso leggermente più alto, per i modelli Re Volt Red e Re Volt Yellow, in cui al carbonio si sostituiscono i tradizionali laminati. Qui il prezzo scende a 760 euro.

Dalla Francia le tavole che si piegano

Anche in Francia c’è chi investe nelle tavole assemblabili, per esempio lo shaper Richard Gaston, titolare del marchio No Mad. Già da qualche anno sviluppa twintip e surfini pieghevoli grazie a una speciale cerniera brevettata. Per assemblarle basta aprirle e fissarci sopra attraverso due grosse viti il grande pad dove sono posizionate le strap e che fa da fermo. Attualmente il catalogo propone la No Mad Trix, un twintip asimmetrico che misura 135×40 cm (peso 3,8 kg): la tavola è realizzata in sandwich di legno e carbonio, mentre il pad è in sandwich di carbonio Airex; il prezzo è di 699 euro. Quanto ai surfini, sempre piegabili e assemblabili con le stesso sistema, sono previsti in due taglie: da 5,9 e 5,4 piedi.

Le splitboard made in Italy

Non mancano anche tavole assemblabili made in Italy. Una piccola produzione è quella per esempio della Hydro di Fabio Perosin con sede a Jesolo (Ve) che propone la Double, un twintip da freeride realizzato in tre pezzi: due compongono l’outline della tavola, mentre il terzo serve da placca per assemblare gli altri due. Le misure sono da 131×40 o da 133×41,5 cm, mentre il peso è di 2,8 kg . La costruzione prevede un’anima in legno, resina epossidica e laminazione con vetro triassiale per garantire un buon flex.

Stessa produzione custom è quella della RedPassion di Pierpaolo Palmi  che nel suo laboratorio di Anguillara (Rm) sul lago di Bracciano costruisce surfini e twintip in carbonio e kevlar, come per esempio la Ghibli disponibile in varie misure e assemblabile con un sistema di sovrapposizione dei due pezzi che vengono fissati con un set di 8 viti.

Intervista a Riccardo Fumini: uno shaper di razza

Chi invece ha sviluppato una lunga esperienza di tavole, non solo assemblabili, è la Newind. Dietro questo marchio c’è Riccardo Fumini, classe 1965, uno shaper sulla breccia da molti anni che ha contribuito all’ideazione di alcune soluzioni tecniche tra le più innovative nel settore e che realizza tavole speciali, efficienti e belle esteticamente che hanno portato il suo piccolo laboratorio artigianale di Terni a essere conosciuto anche all’estero. Gli abbiamo fatto un’intervista per raccontare il suo lavoro.

– Riccardo, da quando sei uno shaper di tavole da kite?

«Ho iniziato non appena il kitesurf arrivò in Italia grazie ad Alessandro Mazzucchelli, uno dei pionieri di questa disciplina nel nostro paese. Era il 1999 e all’epoca le tavole in pratica ancora non esistevano, gli chiedevo informazioni sulle linee, le tecniche costruttive, ma lui stesso ne sapeva ben poco. Io già costruivo le tavole da windsurf e avevo imparato a lavorare i compositi, lo facevo così per passione nel tempo libero quando ancora lavoravo alle acciaierie di Terni. Così quando iniziai a praticare il kite, mi venne naturale cimentarmi anche con quel tipo di tavole ancora tutte da sviluppare, in fondo lo sport era nuovo e si partiva quasi da zero. Per esempio, senza falsa modestia, sono stato il primo a costruire le tavole flessibili, almeno due anni prima che venissero prodotte dai grandi marchi internazionali, poi ho inventato i primi prototipi di tavola race con cui ho vinto il titolo italiano e che hanno gettato le basi della produzione in serie dell’omonima disciplina agonistica».

– E quando invece hai cominciato a realizzare tavole divisibili?

«Ho iniziato nel 2005 con i primi prototipi che ricordo avevano un’originale veste grafica zebrata. Da quel momento oltre alle tradizionali tavole intere ho sempre portato avanti anche le tavole divisibili. Attualmente propongo diversi modelli. C’è il twintip Splitboard che realizzo già da qualche anno, costruito in due pezzi full carbon e disponibile in tutte le misure al prezzo di 800 euro. Ne propongo anche una versione più economica in composito e carbonio che ho chiamato Ecosplit e che si ottiene grazie a uno stampo che permette un procedimento più semplice e veloce. Pesa leggermente di più (circa 700 grammi), ma mantiene ottime prestazioni e costa 650 euro, uno dei prezzi più bassi del mercato. Poi da quest’anno propongo anche un nuovo surfino di che realizzo secondo le esigenze in due o tre pezzi di cui sono particolarmente orgoglioso per il livello di finitura che sono riuscito a raggiungere. Il prezzo è di 900 euro. Non è solo un’ottima tavola, leggera, bilanciata, ma anche proprio un bell’oggetto da ammirare e conservare».

– Quanto tempo impieghi a realizzare una tavola?

«Per costruire una tavola completa ci metto circa cinque giorni lavorando un paio d’ore ogni giorno e rispettando scrupolosamente i tempi di essiccazione dei compositi. Tutto è realizzato a mano, compresa la verniciatura e la parte grafica. Qui al laboratorio lavoro principalmente da solo anche se saltuariamente c’è qualche amico che mi da una mano».

– Da artigiano che si confronta anche con grandi marchi come vanno gli affari?

«Questo non è un mercato facile, c’è molta concorrenza e non sempre è leale, per certi versi si deve combattere. Però sono soddisfatto perché da quando nel 2008 ho lasciato il posto alle acciaierie riesco a vivere di questo lavoro che è anche una passione. Ricevo commesse dall’Italia ovviamente, ma il 90 per cento della mia produzione va all’estero, in tutta Europa, per dire solo a Parigi ho vendute un centinaio di tavole, poi da qualche anno ho anche un distributore negli Stati Uniti; lì per esempio ci sono molti kiter che si spostano con gli ultraleggeri per cui avere una tavola poco ingombrante è molto utile. Devo dire va bene così, le tavole stesse in pratica sono i miei migliori veicoli pubblicitari, già adesso non è semplice soddisfare tutte le richieste e a volte devo fare i salti mortali».

– Riesci anche a surfare o passi tutto il tuo tempo in laboratorio?

«Sì, certo sono anche un discreto atleta. Ultimamente nella disciplina Race ho conquistato un terzo assoluto e un primo posto nella categoria Gran Master. Se ci sono le condizioni esco sempre, da Ostia fino a Talamone. Mi diverto molto, ma in realtà le session in acqua per me sono fondamentali per testare le tavole sul campo. Anche quella è una fase importante di questo lavoro che svolgo direttamente, non mi fido di nessun altro».

Insomma quello delle tavole divisibili è un settore di nicchia ma in costante crescita destinato ai kiter che macinano chilometri e vogliono un prodotto versatile e affidabile, senza rinunciare alle prestazioni. Del resto anche fare le tavole “a pezzi” è una forma d’arte.

https://vimeo.com/76828023

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Le Tavole Divisibili

di: Redazione Kitesurfing

Tendenze

La tavola? La faccio a pezzi

Le tavole assemblabili sono nate alcuni anni fa per ridurre il bagaglio dei kiter che viaggiano o si spostano con piccoli mezzi di trasporto. Oggi il mercato propone modelli sempre più affidabili e performanti, dai grandi marchi internazionali ai piccoli laboratori artigianali made in Italy, come quello di Riccardo Fumini.

Diversi anni fa mi trovavo sulla spiaggia olandese di Scheveningen, nei pressi di Den Haag, in un famoso spot di kitesurf chiamato DeZandMotor, una penisola di sabbia artificiale creata per proteggere la costa dalle imponenti maree tipiche del Nord Europa. A un certo puntò arrivò un ragazzo in bicicletta con alle spalle lo zaino di una North Rebel. Tirò fuori l’ala, la gonfiò e stese i cavi. Pensai volesse semplicemente fare un po’ di pratica a terra per il controllo del kite. Invece sempre dallo zaino estrasse due pezzi di composito, un cacciavite e in pochi minuti assemblò una tavola che completò fissandoci i footstrap e le pinnette.  Era la prima volta che vedevo una splitboard e devo confessare che rimasi impressionato dall’idea di una tavola da portare nello zaino. Nello stesso tempo però ero perplesso sulle prestazioni e la longevità di quei pezzi tenuti insieme chissà come. Mi sembrava più un giocattolo che una vera tavola. Beh, mi sbagliavo.

Negli ultimi anni infatti il concetto di tavole assemblabili ha continuato a essere esplorato in tutto il mondo da parte di shaper e laboratori di design che approfittando di nuovi materiali e migliori tecniche costruttive sono riusciti a proporre prodotti sempre più versatili e di buona fattura.

Vantaggi: ingombro ridotto e viaggi in libertà

La spinta a questa ricerca è dettata proprio dalla necessità di rispondere a un’esigenza pratica sempre più diffusa da parte dei kiter: contenere l’ingombro dell’attrezzatura. Il kitesurf tutto sommato è uno sport essenziale, però tra set di ali di varie misure, trapezio, pompa, muta, twintip o surfino, alla fine si gira a pieno carico. Ebbene il vantaggio di avere una splitboard è innazitutto di poter viaggiare in libertà. Prendete per esempio gli spostamenti in aereo: ognuno di noi è incappato nel sovrapprezzo imposto dalla maggior parte delle compagnie aeree sul bagaglio extra. Spese che a volte raggiungono le centinaia di euro e in caso di voli low cost possono addirittura superare il prezzo del biglietto. Per non parlare delle code al check in e delle interminabili discussioni con l’impiegato di turno.

Ma i vantaggi delle tavole smontabili non si fermano ai viaggi aerei. L’ingombro ridotto permette di risparmiare spazio in auto, specie se si usa una piccola utilitaria o una macchina sportiva, agevola lo stivaggio dell’attrezzatura a bordo di una barca, consente di raggiungere la spiaggia su uno scooter o una bicicletta, proprio come faceva quel ragazzo olandese.

Un mercato in crescita, ma non troppo. Perché?

Da tempo le splitboard non sono più delle presenze rare in spiaggia e ormai quando si sta per comprare la nuova tavola un kiter che viaggia spesso un pensierino ce lo fa. E cosa trova? Il mercato internazionale attuale offre una scelta consistente di tavole assemblabili, ma non illimitata. Bisogna dire infatti che nonostante l’evoluzione tecnologica quello delle splitboard rimane un settore di nicchia in cui investono pochi grandi brand e per il resto è curato da piccole factory di stampo artigianale. I motivi sono diversi.

Innazitutto c’è stato un progressivo ridimensionamento generale delle tavole intere che da lunghe e strette sono diventate col tempo più corte e larghe. Oggi la misura media di una tavola da freeride si aggira tra i 130 e i 136 cm di lunghezza per 40-42 cm di larghezza. Inoltre con l’utilizzo di fibre composite come il carbonio o il kevlar anche il peso si è ridotto notevolmente. Insomma alla fine non tutti gli appassionati avvertono la reale necessità di passare a una splitboard. Rimangono inoltre gli inevitabili dubbi circa le performance, ma anche sulla solidità e la resistenza ai carichi e alle torsioni di un mezzo non a caso nato in un blocco unico e che invece viene proposto, per così dire, in kit. Prova ne è che i pro rider si tengono ben alla larga dalle splitboard, almeno in gara.

Prezzi salati, costruzione più complessa

Un altro fattore che per il momento frena il mercato delle tavole assemblabili è il loro costo piuttosto alto, anche se giustificato da una lavorazione più lenta e complessa rispetto a quelle tradizionali. Infine a molti marchi semplicemente non si interessa questo settore per la difficoltà oggettiva di sviluppare soluzioni tecniche affidabili al 100 per 100, in particolare i sistemi di assemblaggio. Come dire, vale davvero la pena giocarsi il brand su questa roba?

Tutte argomentazioni valide. In ogni caso il mercato delle splitboard tira dritto e oggi chi cerca una tavola salvaspazio trova facilmente il proprio oggetto del desiderio. Facciamo allora un giro d’orizzonte sulle principali proposte del panorama internazionale e italiano, partendo proprio dal cuore di una tavola fatta “a pezzi”, ossia il sistema di ricomporla.

La  W-Connection della Nobile

Il brand polacco Nobile nel catalogo 2015 rilancia la linea di tavole smontabili presentata nel 2013 e denominata Separa: si tratta dei twintip asimmetrici NHP Split (misure 130-134-138, prezzo 999 euro) e Flying Carpet Split (misura 160, prezzo 1.099 euro), entrambi proposti anche nelle versioni full carbon (da 1.499 e 1.599 euro). A queste si aggiunge il surfino Infinity Split (misura 5,9 piedi, prezzo 1.099 euro), anche questo proposto nella versione in carbonio al prezzo di 1.599 euro.

Tutti i modelli sono in due pezzi e presentano la cosiddetta W-Connection, ossia il sistema di connessione a forma di “W” brevettato nel 2013 dallo stesso fondatore del marchio Dariusz Rosiak che permette il veloce assemblamento tramite un paio di fermi in acciaio a scomparsa.

Niente cacciaviti, solo due fermi in metallo

Stessa soluzione tool free è quella proposta da Flysurfer Kiteboarding, brand tedesco con sede a Marquartstein, in Baviera. Le loro tavole smontabili sviluppate grazie a tre anni di progettazione si chiamano Flysplit, hanno linee allround, costruzione ibrida in schiuma leggera con anima in legno ed escono in due misure: da 134×41 cm (peso 2,65 kg, prezzo 999 euro) e da 160×44 cm (peso 3,25 kg a 1.099 euro). Entrambe hanno un profilo a sinusoide che permette di unire le due parti e fissarle in pochi secondi con due piccoli fermi in acciaio sui lati della tavola.

Incastro asimmetrico e 6 viti di fissaggio

Un altra azienda che punta sulle tavole divisibili è la ceca Kitelement. Tre i modelli nel suo catalogo, tutti in due pezzi caratterizzati da costruzione hi-tech, linee aggressive e soprattutto il sistema di assemblaggio A-Lock brevettato dal team di casa che prevede un incastro asimmetrico e il fissaggio dei pezzi mediante 6 viti. Il primo è il Re Solve, un twintip in carbonio multistrato con anima in legno di Paulownia, proposto in due versioni entrambe al prezzo di 890 euro: una da 136,41 cm (peso 3,98 kg) e l’altra da 140,43 cm (peso 4,18 kg). Stesse linee e misure, ma peso leggermente più alto, per i modelli Re Volt Red e Re Volt Yellow, in cui al carbonio si sostituiscono i tradizionali laminati. Qui il prezzo scende a 760 euro.

Dalla Francia le tavole che si piegano

Anche in Francia c’è chi investe nelle tavole assemblabili, per esempio lo shaper Richard Gaston, titolare del marchio No Mad. Già da qualche anno sviluppa twintip e surfini pieghevoli grazie a una speciale cerniera brevettata. Per assemblarle basta aprirle e fissarci sopra attraverso due grosse viti il grande pad dove sono posizionate le strap e che fa da fermo. Attualmente il catalogo propone la No Mad Trix, un twintip asimmetrico che misura 135×40 cm (peso 3,8 kg): la tavola è realizzata in sandwich di legno e carbonio, mentre il pad è in sandwich di carbonio Airex; il prezzo è di 699 euro. Quanto ai surfini, sempre piegabili e assemblabili con le stesso sistema, sono previsti in due taglie: da 5,9 e 5,4 piedi.

Le splitboard made in Italy

Non mancano anche tavole assemblabili made in Italy. Una piccola produzione è quella per esempio della Hydro di Fabio Perosin con sede a Jesolo (Ve) che propone la Double, un twintip da freeride realizzato in tre pezzi: due compongono l’outline della tavola, mentre il terzo serve da placca per assemblare gli altri due. Le misure sono da 131×40 o da 133×41,5 cm, mentre il peso è di 2,8 kg . La costruzione prevede un’anima in legno, resina epossidica e laminazione con vetro triassiale per garantire un buon flex.

Stessa produzione custom è quella della RedPassion di Pierpaolo Palmi  che nel suo laboratorio di Anguillara (Rm) sul lago di Bracciano costruisce surfini e twintip in carbonio e kevlar, come per esempio la Ghibli disponibile in varie misure e assemblabile con un sistema di sovrapposizione dei due pezzi che vengono fissati con un set di 8 viti.

Intervista a Riccardo Fumini: uno shaper di razza

Chi invece ha sviluppato una lunga esperienza di tavole, non solo assemblabili, è la Newind. Dietro questo marchio c’è Riccardo Fumini, classe 1965, uno shaper sulla breccia da molti anni che ha contribuito all’ideazione di alcune soluzioni tecniche tra le più innovative nel settore e che realizza tavole speciali, efficienti e belle esteticamente che hanno portato il suo piccolo laboratorio artigianale di Terni a essere conosciuto anche all’estero. Gli abbiamo fatto un’intervista per raccontare il suo lavoro.

– Riccardo, da quando sei uno shaper di tavole da kite?

«Ho iniziato non appena il kitesurf arrivò in Italia grazie ad Alessandro Mazzucchelli, uno dei pionieri di questa disciplina nel nostro paese. Era il 1999 e all’epoca le tavole in pratica ancora non esistevano, gli chiedevo informazioni sulle linee, le tecniche costruttive, ma lui stesso ne sapeva ben poco. Io già costruivo le tavole da windsurf e avevo imparato a lavorare i compositi, lo facevo così per passione nel tempo libero quando ancora lavoravo alle acciaierie di Terni. Così quando iniziai a praticare il kite, mi venne naturale cimentarmi anche con quel tipo di tavole ancora tutte da sviluppare, in fondo lo sport era nuovo e si partiva quasi da zero. Per esempio, senza falsa modestia, sono stato il primo a costruire le tavole flessibili, almeno due anni prima che venissero prodotte dai grandi marchi internazionali, poi ho inventato i primi prototipi di tavola race con cui ho vinto il titolo italiano e che hanno gettato le basi della produzione in serie dell’omonima disciplina agonistica».

– E quando invece hai cominciato a realizzare tavole divisibili?

«Ho iniziato nel 2005 con i primi prototipi che ricordo avevano un’originale veste grafica zebrata. Da quel momento oltre alle tradizionali tavole intere ho sempre portato avanti anche le tavole divisibili. Attualmente propongo diversi modelli. C’è il twintip Splitboard che realizzo già da qualche anno, costruito in due pezzi full carbon e disponibile in tutte le misure al prezzo di 800 euro. Ne propongo anche una versione più economica in composito e carbonio che ho chiamato Ecosplit e che si ottiene grazie a uno stampo che permette un procedimento più semplice e veloce. Pesa leggermente di più (circa 700 grammi), ma mantiene ottime prestazioni e costa 650 euro, uno dei prezzi più bassi del mercato. Poi da quest’anno propongo anche un nuovo surfino di che realizzo secondo le esigenze in due o tre pezzi di cui sono particolarmente orgoglioso per il livello di finitura che sono riuscito a raggiungere. Il prezzo è di 900 euro. Non è solo un’ottima tavola, leggera, bilanciata, ma anche proprio un bell’oggetto da ammirare e conservare».

– Quanto tempo impieghi a realizzare una tavola?

«Per costruire una tavola completa ci metto circa cinque giorni lavorando un paio d’ore ogni giorno e rispettando scrupolosamente i tempi di essiccazione dei compositi. Tutto è realizzato a mano, compresa la verniciatura e la parte grafica. Qui al laboratorio lavoro principalmente da solo anche se saltuariamente c’è qualche amico che mi da una mano».

– Da artigiano che si confronta anche con grandi marchi come vanno gli affari?

«Questo non è un mercato facile, c’è molta concorrenza e non sempre è leale, per certi versi si deve combattere. Però sono soddisfatto perché da quando nel 2008 ho lasciato il posto alle acciaierie riesco a vivere di questo lavoro che è anche una passione. Ricevo commesse dall’Italia ovviamente, ma il 90 per cento della mia produzione va all’estero, in tutta Europa, per dire solo a Parigi ho vendute un centinaio di tavole, poi da qualche anno ho anche un distributore negli Stati Uniti; lì per esempio ci sono molti kiter che si spostano con gli ultraleggeri per cui avere una tavola poco ingombrante è molto utile. Devo dire va bene così, le tavole stesse in pratica sono i miei migliori veicoli pubblicitari, già adesso non è semplice soddisfare tutte le richieste e a volte devo fare i salti mortali».

– Riesci anche a surfare o passi tutto il tuo tempo in laboratorio?

«Sì, certo sono anche un discreto atleta. Ultimamente nella disciplina Race ho conquistato un terzo assoluto e un primo posto nella categoria Gran Master. Se ci sono le condizioni esco sempre, da Ostia fino a Talamone. Mi diverto molto, ma in realtà le session in acqua per me sono fondamentali per testare le tavole sul campo. Anche quella è una fase importante di questo lavoro che svolgo direttamente, non mi fido di nessun altro».

Insomma quello delle tavole divisibili è un settore di nicchia ma in costante crescita destinato ai kiter che macinano chilometri e vogliono un prodotto versatile e affidabile, senza rinunciare alle prestazioni. Del resto anche fare le tavole “a pezzi” è una forma d’arte.

https://vimeo.com/76828023

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