Conto alla rovescia per i Campionati del Mondo…
I Campionati del Mondo di Kitefoil 2024 apriranno sabato 11 maggio a Hyères, sulla spiaggia dei Vieux Salins.
10 Maggio 2024
19 Aprile 2015
Il rider napoletano racconta la personale esperienza in uno degli spot internazionali più suggestivi e radicali che da alcuni anni è diventata ormai la sua seconda casa. La natura meravigliosa di quest’isola dell’oceano Indiano, il clima tropicale, i venti costanti e le condizioni di onda radicali regalano emozioni impagabili che esigono però un occhio sempre attento alla sicurezza.
– Stefano raccontaci un po’ di te. Quando è nata la tua passione per il kitesurf e dove ti sei formato come wave rider?
«Sono nato a Napoli 48 anni fa e pratico sport velici da almeno quarant’anni. Ricordo ancora le mie prime uscite a bordo dell’Optimist. Dopo essermi dedicato per molto tempo alla vela, mi sono avvicinato al windsurf e poi nel 2000 ho scoperto il kitesurf. I miei home spot dove sono cresciuto e dove esco tutt’ora quando non sono all’estero sono tutti in Sicilia, la mia terra d’adozione: Pozzitello (Mazara del Vallo), Petrosino (Marsala), Porto Palo di Menfi (Agrigento) e San Giuliano (Trapani). Quasi tutti questi spot lavorano con venti da Nord/Nord Ovest, tranne San Giuliano che è bello col Nord Est. Porto Palo invece per avere condizioni ottimali ha bisogno di più di 30 nodi, mentre a Pozzitello oltre i 25 nodi l’onda “frulla” troppo. Petrosino mi affascina per la sua onda liscia e veloce. In ogni caso quando ci sono le condizioni giuste ognuno di questi spot mi regala forti emozioni».
– Come molti rider sarai stato sicuramente anche all’estero. Qual’è lo spot più bello in cui sei stato?
«Sono particolarmente fortunato perché grazie al mio lavoro di assistente di volo ho avuto la possibilità di viaggiare molto scoprendo località e spot affascinanti con acque cristalline e condizioni spettacolari. Se tuttavia dovessi scegliere il posto più bello dove ho surfato negli ultimi venti anni non avrei dubbi: Mauritius! Quest’isola dell’oceano Indiano intanto presenta delle bellezze naturalistiche a dir poco eccezionali: terre vulcaniche dai colori che vanno dal giallo al viola, montagne bizzarre, vegetazione rigogliosa, spiagge di sabbia bianca immacolata e soprattutto la barriera corallina che forma lagune di acqua dal celeste al blu cobalto. Non a caso lo scrittore americano Mark Twain dopo avere visto l’isola scrisse: “Si ha l’impressione che sia stata creata prima Mauritius e poi il paradiso”. Quanto aveva ragione! Poi presenta condizioni che ne fanno una meta straordinaria per gli amanti del kitesurf, ma anche del windsurf e del surf da onda. Si presta sia a principianti che a coloro che vogliono perfezionare la propria tecnica, oltre che a rider esperti. La stagione migliore per andarci è da maggio a novembre durante l’inverno che qui è caldo e secco, mentre l’estate è calda e umida e spesso sono frequenti cicloni. Per il resto il clima è tropicale e i venti soffiano sostenuti da Sud Est».
– Quali sono gli spot principali dell’isola?
«Gli spot da “surfare” in ordine di difficoltà sono: Small Reef che presenta mare irregolare, vento di direzione side e onde di piccole e medie dimensioni; lo spot è situato nel grande canale, tra Manawa e Chameau, ed è soggetto a correnti talvolta fortissime e molto pericolose. Consiglio vivamente di evitare Small Reef con swell da Sud Ovest forza 4-6. Un altro spot da non mancare è Manawa con il mitico reef situato a sinistra del grande canale distante circa un miglio dalla spiaggia. Il reef, molto profondo, assicura una surfata in piena sicurezza offrendo onde grandi, ma non particolarmente veloci e una superficie super glassy. Infine c’è lo spot wave per eccellenza, One Eye, con sinistre regolari da 1 a oltre 5 metri talvolta tubanti che srotolano a velocità incredibili. Attenzione perché qui l’onda si frange sul reef tagliente, quindi occhio! Un’altra raccomandazione che mi sento di suggerire è di stare lontani dall’ultima sezione dell’onda, in genere riservata ai surfisti da onda che, se non rispettati, con le loro urla imprecano tutti i santi».
– Quali ali e tavole ti senti di consigliare? Mauritius è un wave spot per tutti oppure selettivo?
«Da giugno a novembre l’ala più usata è la 7 metri per chi pesa intorno ai 70-80 kg. Invece per coloro che utilizzano il surfino le misure sono 5,10-6,00 piedi x 18, 3/16″ più o meno. Le particolari condizioni meteomarine degli spot wave di Mauritius richiedono un livello di esperienza medio-alto: navigare in queste acque può essere infatti meraviglioso e unico, ma nello stesso momento diventare un incubo se qualcosa va storto. La mia attrezzatura ideale, quella cioè che mi garantisce ottime uscite in qualsiasi condizione sono ali di 6-8 metri; uso North e sono fedele a questo brand da anni, ma non precludo una scelta diversa in quanto il livello tecnico medio delle ali wave è ormai molto alto. Porto sempre due tavole progettate e realizzate su misura da Devilskiteboarding, a mio avviso il top delle tavole custom italiane, shapate a mano costruite con materiali al top di gamma. Si tratta di un’azienda di Napoli leader nel settore custom, nata 12 anni fa con la progettazione di tavole bidirezionali e che da cinque si dedica anche alla costruzione di surfini in epoxy. Per me è un’accoppiata perfetta: rider e tavola napoletani!».
– Qual’è il tuo stile come wave rider?
«Io surfo strapless perché preferisco un’impostazione e un’andatura stile surf da onda, mentre andare con le strap ti da uno stile più da windsurfista, infatti le manovre freestyle che si eseguono con il surfino risultano di gran lunga più spettacolari e coreografiche eliminando le strap. Si può fare freestyle anche con un surfino munito di strap, ma non è bellissimo da vedere e oltre a qualche “grabbata” non si riesce a fare molto. Alcuni rider vanno con la sola strap anteriore, giusto per abituarsi a tenere il peso in avanti (al contrario della bidirezionale). Per me strapless significa libertà assoluta e contatto col mare».
– Parliamo di sicurezza. Alla luce della tua lunga esperienza in spot radicali come quelli di Mauritius te la senti di dare qualche suggerimento?
«Per quanto mi riguarda oltre il metro e mezzo di anda uso il leash di sicurezza che deve essere almeno una volta e un quarto la lunghezza della tavola. In merito alla sicurezza mi limito a consigliare una mia personale abitudine che metto in pratica quando surfo in condizioni abbastanza estreme. Consiste nel portare a intervalli di un minuto circa la mano dalla barra al chicken loop pronta a sganciare. In questo modo il cervello memorizza il movimento, si coordina e il gioco è fatto. Sperando sempre in bene. Poi porto sempre con me il coltellino di sicurezza e inoltre ho preso l’abitudine di portare il trapezio da un fabbro per far incurvare ancor di più il gancio centrale al fine di evitare accidentali e spiacevoli fughe del finger. Quanto in particolare a Mauritius, se il mare è molto formato è buona abitudine chiedere a un local dove sia la pass, ovvero la naturale interruzione del reef per raggiungere la line up, oppure se le onde frangono direttamente sulla battigia bisogna contare le serie regolari per partire e raggiungere un punto dove scegliere l’onda da surfare. Non è raro, purtroppo, vedere kiters o windsurfisti sfondare letteralmente le prime onde per poter uscire e prendere il bordo. Prima di uscire in acqua è comunque sempre bene informarsi sulla possibilità del rescue in caso di emergenza o difficoltà ».
– Hai dei consigli su eventuali strutture alloggiative sull’isola pensate ad hoc per i kiter?
«Per quanto riguarda gli alloggi, a Mauritius si può trovare di tutto: dalle ville con piscina a piccoli appartamentini, come pure i Bed&Breakfast e le Guest House; le auto, in prevalenza pick-up, sono quasi sempre messe a disposizione da chi affitta case e appartamenti. Se cercate alloggi in zona Le Morne o Tamarin con annesso pick-up ».
– Come è cambiata Mauritius da quando la frequenti?
«Negli ultimi cinque anni si è avuto un incremento enorme di kiter, surfisti e windsurfisti e questo via vai massiccio di gente mette sicuramente alla prova l’ecosistema dell’isola, come pure la giusta convivenza in acqua. A volte capite che queste tribù di persone che si riversano sulla spiaggia e che inevitabilmente consumano cibo e bevande a volte dimenticano o abbandonano i propri rifiuti sulla spiaggia. Così anche quando si è in acqua, sia nella laguna o tra le onde, capita di sentire insulti di ogni genere per presunte precedenze o espressioni di viscerali localismi. Vanno bene le precedenze in acqua, ma forse spesso ci dimentichiamo il codice del buon senso. Il mare che amiamo così tanto per le sfide che ci propone, la libertà dai ritmi stressanti e la voglia di stare in acqua e divertirci che ci regala dovrebbe insegnarci anche a rispettare l’ambiente, noi stessi e gli altri».
Intervista a cura di
MAURO BUSALACCHI
Articolo redatto da
DAVID INGIOSI
Giornalista e Videoreporter
ufficiostampa@kitesurfing.it
Il rider napoletano racconta la personale esperienza in uno degli spot internazionali più suggestivi e radicali che da alcuni anni è diventata ormai la sua seconda casa. La natura meravigliosa di quest’isola dell’oceano Indiano, il clima tropicale, i venti costanti e le condizioni di onda radicali regalano emozioni impagabili che esigono però un occhio sempre attento alla sicurezza.
– Stefano raccontaci un po’ di te. Quando è nata la tua passione per il kitesurf e dove ti sei formato come wave rider?
«Sono nato a Napoli 48 anni fa e pratico sport velici da almeno quarant’anni. Ricordo ancora le mie prime uscite a bordo dell’Optimist. Dopo essermi dedicato per molto tempo alla vela, mi sono avvicinato al windsurf e poi nel 2000 ho scoperto il kitesurf. I miei home spot dove sono cresciuto e dove esco tutt’ora quando non sono all’estero sono tutti in Sicilia, la mia terra d’adozione: Pozzitello (Mazara del Vallo), Petrosino (Marsala), Porto Palo di Menfi (Agrigento) e San Giuliano (Trapani). Quasi tutti questi spot lavorano con venti da Nord/Nord Ovest, tranne San Giuliano che è bello col Nord Est. Porto Palo invece per avere condizioni ottimali ha bisogno di più di 30 nodi, mentre a Pozzitello oltre i 25 nodi l’onda “frulla” troppo. Petrosino mi affascina per la sua onda liscia e veloce. In ogni caso quando ci sono le condizioni giuste ognuno di questi spot mi regala forti emozioni».
– Come molti rider sarai stato sicuramente anche all’estero. Qual’è lo spot più bello in cui sei stato?
«Sono particolarmente fortunato perché grazie al mio lavoro di assistente di volo ho avuto la possibilità di viaggiare molto scoprendo località e spot affascinanti con acque cristalline e condizioni spettacolari. Se tuttavia dovessi scegliere il posto più bello dove ho surfato negli ultimi venti anni non avrei dubbi: Mauritius! Quest’isola dell’oceano Indiano intanto presenta delle bellezze naturalistiche a dir poco eccezionali: terre vulcaniche dai colori che vanno dal giallo al viola, montagne bizzarre, vegetazione rigogliosa, spiagge di sabbia bianca immacolata e soprattutto la barriera corallina che forma lagune di acqua dal celeste al blu cobalto. Non a caso lo scrittore americano Mark Twain dopo avere visto l’isola scrisse: “Si ha l’impressione che sia stata creata prima Mauritius e poi il paradiso”. Quanto aveva ragione! Poi presenta condizioni che ne fanno una meta straordinaria per gli amanti del kitesurf, ma anche del windsurf e del surf da onda. Si presta sia a principianti che a coloro che vogliono perfezionare la propria tecnica, oltre che a rider esperti. La stagione migliore per andarci è da maggio a novembre durante l’inverno che qui è caldo e secco, mentre l’estate è calda e umida e spesso sono frequenti cicloni. Per il resto il clima è tropicale e i venti soffiano sostenuti da Sud Est».
– Quali sono gli spot principali dell’isola?
«Gli spot da “surfare” in ordine di difficoltà sono: Small Reef che presenta mare irregolare, vento di direzione side e onde di piccole e medie dimensioni; lo spot è situato nel grande canale, tra Manawa e Chameau, ed è soggetto a correnti talvolta fortissime e molto pericolose. Consiglio vivamente di evitare Small Reef con swell da Sud Ovest forza 4-6. Un altro spot da non mancare è Manawa con il mitico reef situato a sinistra del grande canale distante circa un miglio dalla spiaggia. Il reef, molto profondo, assicura una surfata in piena sicurezza offrendo onde grandi, ma non particolarmente veloci e una superficie super glassy. Infine c’è lo spot wave per eccellenza, One Eye, con sinistre regolari da 1 a oltre 5 metri talvolta tubanti che srotolano a velocità incredibili. Attenzione perché qui l’onda si frange sul reef tagliente, quindi occhio! Un’altra raccomandazione che mi sento di suggerire è di stare lontani dall’ultima sezione dell’onda, in genere riservata ai surfisti da onda che, se non rispettati, con le loro urla imprecano tutti i santi».
– Quali ali e tavole ti senti di consigliare? Mauritius è un wave spot per tutti oppure selettivo?
«Da giugno a novembre l’ala più usata è la 7 metri per chi pesa intorno ai 70-80 kg. Invece per coloro che utilizzano il surfino le misure sono 5,10-6,00 piedi x 18, 3/16″ più o meno. Le particolari condizioni meteomarine degli spot wave di Mauritius richiedono un livello di esperienza medio-alto: navigare in queste acque può essere infatti meraviglioso e unico, ma nello stesso momento diventare un incubo se qualcosa va storto. La mia attrezzatura ideale, quella cioè che mi garantisce ottime uscite in qualsiasi condizione sono ali di 6-8 metri; uso North e sono fedele a questo brand da anni, ma non precludo una scelta diversa in quanto il livello tecnico medio delle ali wave è ormai molto alto. Porto sempre due tavole progettate e realizzate su misura da Devilskiteboarding, a mio avviso il top delle tavole custom italiane, shapate a mano costruite con materiali al top di gamma. Si tratta di un’azienda di Napoli leader nel settore custom, nata 12 anni fa con la progettazione di tavole bidirezionali e che da cinque si dedica anche alla costruzione di surfini in epoxy. Per me è un’accoppiata perfetta: rider e tavola napoletani!».
– Qual’è il tuo stile come wave rider?
«Io surfo strapless perché preferisco un’impostazione e un’andatura stile surf da onda, mentre andare con le strap ti da uno stile più da windsurfista, infatti le manovre freestyle che si eseguono con il surfino risultano di gran lunga più spettacolari e coreografiche eliminando le strap. Si può fare freestyle anche con un surfino munito di strap, ma non è bellissimo da vedere e oltre a qualche “grabbata” non si riesce a fare molto. Alcuni rider vanno con la sola strap anteriore, giusto per abituarsi a tenere il peso in avanti (al contrario della bidirezionale). Per me strapless significa libertà assoluta e contatto col mare».
– Parliamo di sicurezza. Alla luce della tua lunga esperienza in spot radicali come quelli di Mauritius te la senti di dare qualche suggerimento?
«Per quanto mi riguarda oltre il metro e mezzo di anda uso il leash di sicurezza che deve essere almeno una volta e un quarto la lunghezza della tavola. In merito alla sicurezza mi limito a consigliare una mia personale abitudine che metto in pratica quando surfo in condizioni abbastanza estreme. Consiste nel portare a intervalli di un minuto circa la mano dalla barra al chicken loop pronta a sganciare. In questo modo il cervello memorizza il movimento, si coordina e il gioco è fatto. Sperando sempre in bene. Poi porto sempre con me il coltellino di sicurezza e inoltre ho preso l’abitudine di portare il trapezio da un fabbro per far incurvare ancor di più il gancio centrale al fine di evitare accidentali e spiacevoli fughe del finger. Quanto in particolare a Mauritius, se il mare è molto formato è buona abitudine chiedere a un local dove sia la pass, ovvero la naturale interruzione del reef per raggiungere la line up, oppure se le onde frangono direttamente sulla battigia bisogna contare le serie regolari per partire e raggiungere un punto dove scegliere l’onda da surfare. Non è raro, purtroppo, vedere kiters o windsurfisti sfondare letteralmente le prime onde per poter uscire e prendere il bordo. Prima di uscire in acqua è comunque sempre bene informarsi sulla possibilità del rescue in caso di emergenza o difficoltà ».
– Hai dei consigli su eventuali strutture alloggiative sull’isola pensate ad hoc per i kiter?
«Per quanto riguarda gli alloggi, a Mauritius si può trovare di tutto: dalle ville con piscina a piccoli appartamentini, come pure i Bed&Breakfast e le Guest House; le auto, in prevalenza pick-up, sono quasi sempre messe a disposizione da chi affitta case e appartamenti. Se cercate alloggi in zona Le Morne o Tamarin con annesso pick-up ».
– Come è cambiata Mauritius da quando la frequenti?
«Negli ultimi cinque anni si è avuto un incremento enorme di kiter, surfisti e windsurfisti e questo via vai massiccio di gente mette sicuramente alla prova l’ecosistema dell’isola, come pure la giusta convivenza in acqua. A volte capite che queste tribù di persone che si riversano sulla spiaggia e che inevitabilmente consumano cibo e bevande a volte dimenticano o abbandonano i propri rifiuti sulla spiaggia. Così anche quando si è in acqua, sia nella laguna o tra le onde, capita di sentire insulti di ogni genere per presunte precedenze o espressioni di viscerali localismi. Vanno bene le precedenze in acqua, ma forse spesso ci dimentichiamo il codice del buon senso. Il mare che amiamo così tanto per le sfide che ci propone, la libertà dai ritmi stressanti e la voglia di stare in acqua e divertirci che ci regala dovrebbe insegnarci anche a rispettare l’ambiente, noi stessi e gli altri».
Intervista a cura di
MAURO BUSALACCHI
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